Frontalieri, c’è paura per il ritorno al lavoro. I sindacati italiani e svizzeri: «La ripartenza anticipata è un pericolo»

Sindacati preoccupati per le nuove aperture in Svizzera, approvate dal Consiglio di Stato del Canton Ticino, che ha definito una nuova “finestra di crisi” tra il 20 e il 26 aprile. Secondo le organizzazioni sindacali italiane e svizzere i nuovi provvedimenti «si aggiungono alle deroghe consentite appena dopo Pasqua per alcuni settori minori come la pesca, la silvicoltura, il giardinaggio e l’artigianato delle micro-imprese, che hanno determinato già un incremento fino a 13mila passaggi giornalieri nelle dogane, rispetto agli 11mila delle settimane precedenti». Il tutto, secondo le organizzazioni dei lavoratori, «in una fase in cui le curve epidemiche delle aree confinanti di Como, Varese e Verbania ed in particolare, del Canton Ticino, non paiono ancora aver superato il punto critico».Questa scelta, insistono i sindacati, «contraddice le raccomandazioni della comunità scientifica e sembra ignorare l’invito alla cautele della stessa Oms». Le nuove disposizioni prevedono la riapertura dei cantieri e deroghe per il sistema industriale non ricompreso nelle attività strategiche (ma per le aziende dove lavorano sino a un massimo di 10 persone). «I flussi transfrontalieri potrebbero raddoppiare – dicono i sindacati – senza che vi siano significativi dati di riduzione del contagio».Ieri, intanto, Berna ha diffuso i dati sulla richiesta in Svizzera di lavoro ridotto (l’equivalente della nostra cassa integrazione). In Ticino le domande hanno riguardato sin qui il 52% della forza lavoro, nel resto della Confederazione, invece, il 34%.