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Agroalimentare, la Brexit a Como costerà 38 milioni di euro

Le due province di Como e Lecco pagheranno a caro prezzo l’uscita della Gran Bretagna dall’Europa. A meno di accordi concreti e risolutivi, il conto ammonta ad oltre 38 milioni per il Lecchese e a poco meno di 38 per il Comasco. I dati emergono da un’analisi della Coldiretti Lombardia su dati Istat in merito agli effetti della peggiore ipotesi di Brexit senza accordo il 29 marzo prossimo, messo a punto da alti funzionari del governo britannico.

Tra i prodotti lombardi più importati dal Regno Unito – precisa la Coldiretti regionale – ci sono prodotti da forno, carne lavorata e conservata e prodotti a base di carne, prodotti delle industrie lattiero-casearie, vino, ma anche prodotti della lavorazione di granaglie e prodotti amidacei, ortofrutta.

A livello territoriale – continua la Coldiretti – i comprensori che esportano di più sono Varese con 89 milioni di euro di export agroalimentare in UK, Milano con 87 milioni di euro, Como-Lecco con 76 milioni (oltre 38 Lecco, quasi 38 Como), Mantova con più di 59 milioni di euro, Bergamo e Brescia con oltre 48 milioni di euro ognuna, Cremona con oltre 41 milioni di euro, Lodi con più di 36 milioni di euro, Pavia con 29 milioni di euro, Monza Brianza con 6 milioni di euro e infine Sondrio con quasi 4 milioni di euro.

“L’agroalimentare made in Como-Lecco piace in Gran Bretagna e una Brexit senza accordo– rimarca il presidente di Coldiretti Como-LeccoFortunato Trezzi–sarà un’eventualità drammatica sia per i sudditi della Regina, sia per tutte quelle imprese particolarmente attive su un mercato molto importante, che mette al centro il territorio lariano”.

A livello italiano, invece, con lo scenario apocalittico andrebbero in fumo 3,3 miliardi di esportazioni agroalimentari Made in Italy in Gran Bretagna realizzati lo scorso anno: la voce più importante della tavola nelle esportazioni tricolori è rappresentata dal vino, con un valore di 810 milioni di euro di esportazioni nel 2017; al secondo posto tra i prodotti agroalimentari italiani più venduti c’è la pasta, ma rilevante è anche il ruolo dell’ortofrutta, dei formaggi e dell’olio d’oliva.

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