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Alta tensione nel Pd sul ruolo della componente cattolica

Il retroscena – Le questioni più spinose sono state momentaneamente accantonate grazie alla decisione del governo tecnico di “cancellare” le elezioni provincialiQualche settimana fa si è giunti a un passo da clamorose dimissioni nella segreteria di via ReginaPartito Democratico sull’orlo di una crisi di nervi. Crisi politica, in realtà. Prima sfiorata, poi deflagrata, quindi (parzialmente) rientrata, almeno fino al prossimo round.Per capire di che cosa si parla e inquadrare il problema bisogna fare un passo indietro. Tornare alla riunione della segreteria provinciale del Pd lariano convocata in via Regina martedì 29 novembre. In discussione ci sono le candidature per le elezioni provinciali. Mentre per il giovedì successivo è attesa

la direzione che deve approvare la rosa di nomi per Villa Saporiti.Fino a quel momento, il Pd ha cercato il consenso – con i suoi dirigenti più rappresentativi – sul nome di Fausto Tagliabue. C’è un accordo, infatti, tra l’area di sinistra e l’ex segretario della Cisl per una candidatura unitaria. La città è stata lasciata al gruppo che proviene dalla Margherita. Per intendersi: Mario Lucini e Luca Gaffuri, che due giorni prima hanno vinto a mani basse le primarie del capoluogo.A 48 ore dalla direzione, però, a sorpresa spunta invece un secondo nome. Il sindaco di Orsenigo, Licia Viganò, dichiara di essere disponibile a una candidatura. A quel punto, secondo le regole dello Statuto e in presenza di più nomi, il Pd è costretto a fare le primarie.In segreteria scoppia la bagarre. Il clima è di fortissima tensione. Da una parte ci sono Rosalba Benzoni, Stefano Binda, Eleonora Galli e Marcello Molteni, sostenitori di Tagliabue e vicini all’area del cattolicesimo sociale. Dall’altra gli ex Ppi – Paolo Furgoni e Paolo Panizzolo e la prima segretaria del Pd, Ana Rosa Ruiz – legati a Gaffuri.La segretaria, Savina Marelli, tenta una mediazione. Che si rivela tuttavia difficilissima.Lo scontro è durissimo. Chi appoggia Tagliabue chiede conto e ragione dell’improvvisa candidatura della Viganò. Si fa presente che una simile conclusione porterebbe a uno strappo (cosa poi effettivamente avvenuta) con i gruppi che hanno appoggiato l’ex segretario della Cisl: dalle Acli ai segretari di Cgil e Uil, alla Confcooperative.La tesi (sostenuta da Benzoni, Binda e Galli) è semplice: il Pd comasco è un giano bifronte. Da una parte, c’è un gruppo dirigente formalmente eletto che tenta di dialogare con tutte le componenti sociali cittadine e provinciali. Dall’altra parte un gruppo dirigente “occulto”, dominato dal consigliere regionale Luca Gaffuri, che sposta l’asse della propria azione verso pezzi di società che nulla hanno a che fare con il Pd.Di fatto si ripete lo scenario che qualche mese prima aveva portato alle dimissioni di Luca Corvi dalla segreteria provinciale e all’elezione di Savina Marelli. Questa volta, però, il problema sembra acuirsi. In segreteria c’è chi minaccia le dimissioni. Il partito rischia di spaccarsi in due proprio nel momento in cui dovrebbe invece raccogliere i frutti delle primarie – comunque molto partecipate – e dell’uscita di scena nazionale di Silvio Berlusconi.A rimettere le cose a posto, almeno temporaneamente, ci pensa però il governo tecnico. La manovra di Mario Monti, infatti, spazza via le Province. L’oggetto dello scontro – ovvero, le candidature per Villa Saporiti – si dissolve quasi per magia. La tensione, però, resta alta.Nessuno dei protagonisti, ovviamente, intende rilasciare dichiarazioni da mettere tra virgolette. Ma dal racconto di qualcuno di loro emerge chiaramente come la conclusione della partita sia soltanto rinviata. Adesso il confronto si sposta sul terreno della preparazione delle liste per Palazzo Cernezzi.Mario Lucini, legittimato dal risultato delle primarie, ha ovviamente messo in moto la sua macchina. E agisce con una certa autonomia, non essendo peraltro nemmeno iscritto al partito. D’altro canto, nel Pd c’è chi vorrebbe dare un ruolo di primo piano proprio al partito, affiancando al candidato sindaco uno dei suoi contendenti, Gisella Introzzi.Ancora una volta è “guerra” di prospettiva politica. Tra un Pd che guarda al suo elettorato di riferimento e un altro Pd, che dialoga in modo preferenziale con un pezzo della Como tradizionalmente lontana dalla sinistra.

Dario Campione

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