La strage di via D’Amelio è datata 19 luglio 1992. Sono passati 26 anni dall’attentato mafioso che spazzò via le vite di sei persone tra cui quella del magistrato Paolo Borsellino. Un tema delicato da trattare, soprattutto nel giorno della triste ricorrenza.
Ed è la stessa Fiammetta Borsellino, figlia del giudice antimafia, gentilissima nel rispondere subito alla chiamata, a sottolineare un aspetto che suscita in lei – ma che dovrebbe accomunare tutti – un velo di tristezza, oltre al dolore personale. «Ormai da diversi anni, il 18 luglio, ovvero il giorno prima delle diverse commemorazioni e cerimonie in memoria di mio padre e degli agenti della scorta, ricevo tantissime chiamate per avere un pensiero o un ricordo di quella tragedia. È giusto e doveroso che ciò avvenga – spiega colma di umanità Fiammetta Borsellino, che parla facendo avvertire chiaramente con il timbro della voce la preoccupazione che tutto ciò si possa però ridurre, anno dopo anno, a una vuota ricorrenza, ovviamente non per lei ma per il Paese – Purtroppo però col passare del tempo mi accorgo che ci si sta sempre più limitando a parlare di quanto accadde e di tutto ciò che ci fu e c’è ancora alle spalle, ovvero la mafia, solo in queste giornate».
Prima di proseguire con il ragionamento, c’è spazio anche per una digressione sulla città di Como. «In passato ho avuto contatti con il “Centro Studi Sociali contro le Mafie – Progetto San Francesco” di Cermenate – ricorda la figlia del giudice Paolo Borsellino – E mi hanno anche informato che ha avuto esito positivo la loro richiesta di intitolare la Biblioteca di Como a mio padre. Non posso ovviamente che essere molto grata e contenta per questa iniziativa, che deve essere un invito a non dimenticare mai e a porsi degli interrogativi».
Un invito chiaro dunque a porsi sempre delle domande, anche se scomode. «Queste giornate ormai devono sempre più essere accompagnate dalla ricerca di risposte tangibili sui temi che rimangono aperti. Tutti dobbiamo farcene carico, non solo noi come familiari, perché quello che è successo ha offeso l’intelligenza e la buona fede di tutto il popolo italiano – racconta Fiammetta Borsellino – E se c’è mai stato qualche depistaggio nelle indagine va scoperto. Deve sempre essere forte la richiesta di verità. Tutti se ne devono fare carico, non solo i giudici».
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