Il giorno dopo l’attentato alla Manor di piazza Verdi, Lugano si è svegliata incredula e sotto shock. Inevitabile in una città dove episodi del genere non sono quasi nemmeno pensabili. La tranquillità del centro luganese è proverbiale, lo scossone di martedì pomeriggio è stato simile a un terremoto.
In realtà, però, almeno tra gli esperti del terrorismo islamico, quanto accaduto non è stata una novità assoluta. Lo ha spiegato in modo chiaro – in un’intervista al quotidiano di lingua tedesca Blick – Miryam Eser, docente presso il dipartimento di lavoro sociale della Scuola universitaria professionale di Zurigo: «Un fatto del genere sarebbe potuto accadere in qualsiasi città, ma i dati sui membri della jihad in Svizzera nel 2019 mostrano che sia l’area del Lago di Ginevra sia il Ticino sono i territori più colpiti dalla radicalizzazione rispetto ad altre regioni della Confederazione».
Secondo Miryam Eser, che nella sua intervista cita i numeri dei servizi rossocrociati, «nel 2019 c’erano circa 130 persone classificate come radicalizzate, ed è difficile dire quante di loro possano diventare pericolose. Di queste, cinque erano in Ticino».
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