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Attrezzarsi per produrre elettricità senza energia nucleare

Il dariosaurodi Dario Campione

Un quarto di secolo. Da un referendum all’altro, è trascorso un quarto di secolo. Per l’esattezza, 24 anni. Nel 1987 gli italiani dissero no al nucleare. No hanno ripetuto domenica scorsa. Un no senza troppe esitazioni.I favorevoli all’atomo hanno parlato di «vittoria della paura».I referendum sono stati celebrati a poca distanza da due disastri spaventosi: Chernobyl e Fukushima. Impossibile, affermano i nuclearisti, averla vinta in simili condizioni. Ma l’Ucraina e il Giappone

non sono i soli Paesi in cui è accaduto qualcosa.Il primo incidente in un impianto a uranio di cui si ha conoscenza risale al 1952. A Chalk River, in Canada, l’errore di un tecnico provocò una reazione che portò alla semidistruzione del nocciolo del reattore. Da quel giorno, i guasti si sono ripetuti spesso nel silenzio dei mezzi d’informazione.Alcuni libri-inchiesta hanno fatto luce su molti di questi episodi.Pochi ricordano, ad esempio, che nel gennaio del 1969 a Lucens, nel Canton Vaud, a 3 ore e mezzo d’auto da Como, il reattore fuse per surriscaldamento dopo sole 7 ore dalla sua accensione. La grotta in cui era stata costruita la centrale venne murata. Definitivamente. E con essa ogni memoria del fatto.Il segreto, però, non cancella il pericolo. E forse anche per questo gli italiani non si fidano (e non si sono mai fidati) del nucleare.Il punto è che una volta detto no all’uranio, bisogna comunque continuare a produrre elettricità. Come e con quali combustibili è il problema che la politica deve affrontare. E risolvere. Di questo parliamo stasera, in diretta su Etv, a partire dalle 20.30. Di energia, di politica e di ambiente.dariosauro@espansionetv.it

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