Una data sicuramente dall’alto valore storico, quella che ha sancito, lo scorso mercoledì, la firma italo-svizzera sul nuovo documento che regolerà l’imposizione fiscale dei lavoratori frontalieri. Tanti gli aspetti positivi evidenziati ma altrettanti i dubbi. Almeno secondo Sergio Aureli, esperto di problemi dei frontalieri e di rapporti tra il nostro Paese e la Confederazione. «Innanzitutto si tratta di un accordo che dovrà passare dal Parlamento di entrambi gli stati. Ad oggi non è altro che un impegno tra le parti che rimanda a chi di competenza la decisione se adottare e rendere reale o meno ciò che adesso è solo un’idea politica», spiega Aureli, che inoltre sottolinea un altro passaggio «molto importante: il fatto che sia stato previsto come l’accordo del 1974 – fino all’entrata in vigore del nuovo testo – non possa essere disdetto in maniera unilaterale. A mio avviso per la Svizzera ciò rappresenta un vero harakiri visto che ha perso questa possibilità». Guardando però oltre e dando per scontato che i due Governi concretizzino quanto sancito nei giorni scorsi «siamo davanti a un passo in avanti anche se, a mio parere, potremo parlare di effettiva entrata in vigore del nuovo accordo non prima del 2024. Il limite del 2023 di cui si è parlato mi sembra troppo ottimistico. Detto ciò, un altro elemento è poi legato all’imposizione vera e propria». Ovvero l’accordo prevede che in virtù del regime ordinario, l’imposta che lo Stato in cui viene svolta l’attività lavorativa applicherà sul reddito da lavoro dipendente per i nuovi frontalieri passerà all’80% contro il 70% previsto inizialmente nel progetto di accordo parafato nel 2015. «I nuovi frontalieri saranno assoggettati a imposizione in via ordinaria anche nello Stato di residenza, fatto che eliminerà la doppia imposizione – spiega Aureli – e questo prevede, in base all’accordo, che Berna fornisca i dati dei lavoratori all’Italia e quindi nello specifico all’Inps. Ma quando si parla di dati non si intende il numero dei lavoratori frontalieri ma tutti gli estremi. E questo dello scambio di informazioni potrebbe diventare un terreno minato».Certamente positivo l’elemento della «franchigia speciale per tutti i lavoratori che passerà da 7.500 a 10.000 euro. In ogni caso il tempo ci dirà se con il nuovo sistema sarà ancora appetibile andare a lavorare oltrefrontiera», conclude Sergio Aureli, che dunque avanza ancora diverse perplessità su quanto è stato deciso lo scorso mercoledì.
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