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Baby gang tra Lugano e il Comasco: i pestaggi finivano anche sui social

Agivano a cavallo del confine di Stato, tra Lugano e la provincia di Como. Erano una decina, in gran parte Ticinesi, ma con la “compagnia” anche di un nostro prode concittadino, di appena 17 anni che, all’epoca dei fatti contestati (parliamo di rapine, estorsioni, droga, lesioni, danneggiamenti, armi e ricettazioni) di primavere ne aveva addirittura 15. Si atteggiavano da gang di periferia, ma alle spalle – pare – avevano anche famiglie della ricca borghesia residenti da una parte e dall’altra del Confine. Non persone emarginate dalla società, dunque, ma protagoniste in una sorta di gioco di ruolo dove a dominare era il più forte e a soccombere il più debole, individuato soprattutto in compagni di classe più volte presi di mira.

In un caso, addirittura, il pestaggio era stato ripreso e pubblicato su un noto canale social. Il branco è stato però individuato e denunciato dai carabinieri dalla parte italiana del confine, e dalle autorità ticinesi per la giustizia elvetica. Nelle scorse ore, il ragazzino italiano è finito di fronte al giudice dei Minori di Milano. In questi casi, quando i reati vengono commessi sia da una parte sia dall’altra del confine, tocca alle procure di residenza processare gli indagati. E il 17enne è dunque comparso davanti ai giudici per “spiegare” il proprio ruolo in una lunga serie di contestazioni: il ragazzo è accusato di droga (per la cessione di marijuana ad una ventina di persone, fatto avvenuto nel Comasco), di ricettazione (di orologi di lusso) e del possesso di un coltello con una lama di 20 centimetri (fatti anche questi riscontrati dai carabinieri) ma è anche accusato del pestaggio di un coetaneo avvenuto a Lugano (quando la vittima fu addirittura costretta a scappare dal retro di un ristorante), della rapina di una catenina d’oro, del danneggiamento di una decina di capi firmati e di altre vessazioni in danno delle vittime della baby gang di cui faceva parte.

Una banda che agiva in Italia ma anche in Ticino. Il 17enne verrà ora sottoposto ad una relazione psicologica per valutarne l’idoneità o meno alla messa alla prova. Le parti si ritroveranno in aula in dicembre. Il resto della banda invece verrà perseguita dalle autorità elvetiche.

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