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Bucciarelli, “Scrivo dunque sono”

Domani al Sociale(ka.t.c.) «Che siano nei libri, in una lettera, nell’ultima e-mail ricevuta e persino in un messaggio sul cellulare, in qualsiasi luogo cartaceo o virtuale si trovino, le parole, per noi sensibili al linguaggio scritto, sono potenti».Elisabetta Bucciarelli sensibile al linguaggio scritto lo è alla massima potenza. Lo dimostra in questo ultimo libro “Scrivo dunque sono” (edizione Ponte alle Grazie) nel quale mette in comune le sue riflessioni sull’esperienza della scrittura e dà chiari e semplici preziosi consigli per cimentarsi con uno scrivere non banale. L’autrice presenta il libro, domani alle 18, al Teatro Sociale di Como, in occasione dei “Giovedì della lettura” insieme con la giornalista Manuela Moretti (ingresso libero). Premio Scerbanenco nel 2011, per il miglior romanzo noir italiano, al libro Ti voglio credere (Kowalski-Coloradonoir), Premio Franco Fedeli 2010 per Io ti perdono (Kowalski-Coloradonoir), Elisabetta Bucciarelli vive e lavora a Milano. Di formazione teatrale presso la Civica Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano, ha firmato testi di stampo sociale, tra cui Tempo da buttare e Amati Matti. Tra i suoi romanzi Happy Hour (Mursia), che inaugura la serie dell’ispettrice Maria Dolores Vergani, Corpi di scarto (Edizioni Ambiente) e Dritto al cuore (Edizioni e/o). È anche autrice dell’Etica del parcheggio abusivo (Feltrinelli), che inaugura la serie di audiodrammi “AutoreVole” di Salani Editore.In “Scrivo dunque sono” confluiscono le sue esperienze come curatrice di corsi di scrittura, un felice connubio di pratica e sensibilità psicologica. L’“abc” della scrittura si affianca ad analisi approfondite sulle parole, all’attenzione nel delineare i personaggi, al punto di vista dal quale si osserva la realtà. Esempi e suggestioni personali rendono più familiare la lettura. I riferimenti al mondo della poesia, della musica, del cinema e della letteratura esemplificano concetti solo apparentemente semplici.La scrittura, per Elisabetta Bucciarelli, è un modo per rivelarsi ma anche curarsi: nelle lettere, per esempio, quando cerchiamo di sanare un conflitto, o nei diari, una vera e propria forma di autoterapia.

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