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«Cacchio che burocrazia». Nelle intercettazioni le lamentele per l’iter necessario a levare le multe

I retroscena dell’inchiesta della Procura di Como(m.pv.) «Cacchio che burocrazia». Una frase sempre d’attualità in Italia, che tuttavia in questo caso pare davvero stonare. Perché la “burocrazia” in questione sarebbe quella delle carte fatte girare tra la polizia locale di viale Innocenzo, la sede della polizia stradale e la Prefettura, per far togliere le 24 multe rimediate dagli agenti del comando di via Italia Libera nei parcheggi blu vicino alla sede.

Contravvenzioni che tuttavia, secondo la tesi della Procura di Como (pubblico ministero Massimo Astori), furono in realtà cancellate ma senza che ve ne fossero i requisiti. Il passaggio emerge in una intercettazione dove il comandante della polizia stradale, Patrizio Compostella, parla con il suo vice Gian Piero Pisani. All’ordine del giorno c’è una serie di contravvenzioni per divieto di sosta che erano “piovute” negli uffici di via Italia Libera dopo essere state compilate dagli ausiliari della sosta. Multe però da togliere con quella che la Procura di Como ritiene essere una scusa non attendibile: il fatto che le auto fossero parcheggiate in quel modo e fuori dagli spazi e orari consentiti per «motivi di servizio». E proprio di questo argomento stanno parlando Pisani e Compostella quando vengono intercettati. Pisani dice: «Poi bisogna fare i ricorsi alla polizia locale, loro li vorrebbero nominativi per ognuno». E Compostella replica: «E dove sono tutti quanti?». Pisani: «La macchina è intestata a me, io chiedo il ricorso con il timbro dell’ufficio di appartenenza». Compostella: «Ah, non io dirigente che dico che la macchina è in servizio per uso d’ufficio»… Pisani: «Praticamente bisogna farlo a mo’ di proprietario del veicolo: il sottoscritto chiede l’archiviazione perché il veicolo è in uso di servizio di polizia». Compostella: «E io confermerei». Pisani: «E con il timbro sotto, oppure un’intestazione allegata». Compostella: «Mmmmm». Pisani: «E poi mandati tutti alla polizia locale di Como, direttamente, che li manda per la controdeduzione in Prefettura». Compostella: «Cacchio che burocrazia».Ma il discorso si amplia ulteriormente auspicando pure l’intervento del sindaco di Como: «La prima cosa da organizzare è un incontro con il sindaco», dice Pisani. «E dirgli se fa una convenzione, un 100 euro all’anno, un qualcosa come un pass di sosta annuale».Come è noto, per l’accusa invece non vi era alcun motivo di servizio tale da giustificare la scusa con cui furono tolte le multe in via Italia Libera ad agenti della polstrada oggi indagati a piede libero. Tra l’altro, le contravvenzioni furono levate anche a parenti come mogli, padri e madri, e non solo per divieti di sosta ma anche per eccessi di velocità, semafori passati con il rosso e transito in zone a traffico limitato. Ma un ultimo elemento – che riguarda il comandante – è riportato nelle esigenze per cui sono state chieste le misure cautelari. Ovvero il tentativo – secondo l’accusa – di allontanare un componente della squadra della polizia giudiziaria della stradale che stava indagando sui vertici del comando. Atto scongiurato «grazie all’intervento dell’autorità giudiziaria». Tentativo motivato con il fatto che l’agente non avrebbe dato «garanzie di disponibilità» e che invece, secondo il magistrato che ha condotto le indagini, era solo una ripicca per «la storia del fascicolo dell’incidente stradale» (quello in cui le colpe furono invertite per aiutare il figlio di un agente) che era stato acquisito dalla Procura di domenica e all’insaputa di Compostella. Il comandante, al riguardo, avrebbe fatto delle rimostranze chiedendo se la squadra di polizia giudiziaria della stradale (quella che stava indagando sul comando) fosse effettivamente dipendente della polstrada oppure una cellula impazzita della Procura dentro la stradale.

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