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Campione paralimpico assolto dall’accusa di truffa

Antipatica disavventura giudiziaria (a lieto fine) per il ciclista paralimpico residente a Cantù, Fabio Anobile, medagliato mondiale e in procinto di partire per le Paralimpiadi di Tokyo. Il 27enne azzurro è stato coinvolto in una accusa di truffa che si è conclusa in queste ore con l’assoluzione «perché il fatto non costituisce reato».

Ma andiamo con ordine, partendo dai fatti e da quello che veniva contestato all’atleta italiano.La vicenda risale al primo di febbraio del 2016, quando Anobile vende una Volkswagen Polo Gti su un sito on line a 15 mila euro. Un acquirente – oggi parte lesa – si fa avanti e inizia una trattativa. L’accordo viene trovato sui 10.400 euro e viene fatta una scrittura privata. Da questo momento però iniziano i problemi perché la macchina da subito, a dire dell’acquirente, inizia a presentare «parecchi difetti». Inoltre, i querelanti segnalano come Anobile avesse dichiarato di non aver mai fatto incidenti mente l’auto era stata danneggiata e riparata, che non erano stati fatti i tagliandi e che infine in calce all’accordo era stata posta la dicitura “venduta con garanzia”.

Il campione paralimpico ha però sempre negato tutte queste contestazioni, scegliendo di difendersi in aula di fronte al giudice. E così, assistito dall’avvocato Massimo Guarisco, sono emersi ulteriori particolari. Il primo è che l’auto aveva sì subito un incidente, ma che questo era stato comunicato via mail agli acquirenti. Poi, gli stessi interessati all’auto l’avevano provata a lungo, senza mai evidenziare i difetti raccontati. I tagliandi erano stati regolarmente effettuati, con tanto di testimonianza del titolare della concessionaria che aveva anche evidenziato la «scrupolosità» dell’Anobile nei controlli. Infine, secondo il giudice, «non può escludersi che la scritta “venduta in garanzia” possa essere stata aggiunta in un secondo momento», visto che l’imputato ha affermato «di non ricordare la scrittura e che la stessa è in discontinuità con il corpo del testo e le firme».

La parte offesa aveva richiesto la restituzione di ulteriori 2.500 euro. Ma in aula sono poi emersi altri particolari: il primo è che il passaggio di proprietà dell’auto era stato fatto solo a fine 2017 (quindi un anno e mezzo dopo) e solo quattro giorni prima di un nuovo passaggio di proprietà successivo a una ulteriore vendita («mi continuavano ad arrivare le multe a casa prese dalle persone che mi avevano comprato l’auto», ha testimoniato l’imputato). Il secondo, è che quella vettura per cui il prezzo di 10.400 euro era stato duramente contestato tanto da fare una denuncia-querela per truffa, è poi stata rivenduta dalle stesse presunte vittime a 11mila euro.

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