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Canton Ticino, vendite di Natale deludenti. Tagli in vista, a rischio i commessi frontalieri

Commercianti ticinesi delusi per l’andamento sottotono delle vendite natalizie, che hanno chiuso un’annata negativa per gli esercenti d’oltreconfine. E all’orizzonte si profilano, minacciosi, tagli di personale che potrebbero avere ricadute pesanti per i frontalieri.

A lanciare il grido d’allarme è il “Corriere del Ticino” che ieri ha raccontato il «momento difficile che il settore del commercio sta attraversando in Ticino». Nel vicino cantone il giro d’affari sia dei negozi sia della grande distribuzione è in flessione da tempo. In particolare da quando la Banca Nazionale Svizzera (Bns) ha deciso di colpo – era il gennaio del 2015 – di non tenere più sotto controllo il tasso di cambio euro-franco, lasciando che la divisa elvetica arrivasse alla parità con quella europea.

Il superfranco ha reso più conveniente per i consumatori svizzeri gli acquisti in Italia, a danno degli esercenti ticinesi. E proprio «il turismo degli acquisti» è una della cause della crisi del commercio indicate al “Corriere del Ticino” da Enzo Lucibello, presidente della Disti, l’associazione dei Distributori ticinesi che riunisce le maggiori sigle della grande distribuzione e dei centri commerciali presenti nel cantone al confine con Como.

«Dicembre è stato decisamente sottotono – ha spiegato Lucibello al quotidiano elvetico – A mia memoria non è mai successo che nelle due domeniche di apertura dei negozi prima di Natale ci siano stati così pochi acquisti. E questo non fa altro che confermare il trend negativo registrato durante tutto l’anno. Nel settore alimentare le vendite sono calate del 3%: visto che la gente mangia sempre più o meno la stessa quantità di cibo, ciò vuol dire che sono diminuiti i prezzi o che i consumatori sono andati da un’altra parte a fare la spesa».

In Ticino sono avvenute entrambe le cose: molti svizzeri sono andati nelle province confinanti a fare la spesa, resa più conveniente dal superfranco, e per tentare di frenare l’emorragia di clienti negozi e centri commerciali elvetici hanno ridotto i prezzi, contraendo ulteriormente i fatturati. La conclusione di questo processo? «Ci saranno dei commercianti – afferma ancora Lucibello – che a fine anno faranno i conti e dovranno agire di conseguenza sul piano occupazionale».

Una prospettiva confermata da Augusto Chicherio, presidente di Federcommercio, associazione che rappresenta oltre un migliaio di negozi del Canton Ticino. «L’andamento dell’anno è stato negativo – sottolinea – Nel complesso gli addetti del settore sono in diminuzione. Tutti ragionano su come far calare i costi, visto che non c’è un aumento delle vendite». Ciò significa una cosa sola: «Bisogna esaminare tutti i costi e tagliare dove si può». Secondo Chicherio, dunque, «l’occupazione è a rischio».

Tenuto conto che degli oltre 62mila frontalieri che lavorano in Ticino, in buona parte comaschi, un terzo è impegnato nelle industrie e due terzi nel settore terziario, ovvero nei negozi e negli uffici, è facile immaginare che a pagare il conto rischiano di essere soprattutto i commessi e gli addetti alle vendite lariani. La crisi del commercio non riguarda soltanto il Ticino. Secondo le ultime rilevazioni dell’Ufficio federale di statistica, infatti, nello scorso ottobre il fatturato complessivo delle vendite al dettaglio in tutta la Svizzera è diminuito dello 0,9% rispetto al medesimo mese del 2015.

Redazione

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