Tre anni di reclusione e 10mila euro di multa per un 43enne, 2 anni e 8 mesi (più 9mila euro) per la sua convivente di 34 anni. È la decisione del giudice dell’udienza preliminare di Como, Maria Luisa Lo Gatto, in merito alla vicenda del presunto sfruttamento del lavoro interno a una serie di case di riposo di Mariano Comense. L’indagine era stata seguita dal pubblico ministero Maria Vittoria Isella. Nei guai erano finiti i due gestori delle strutture per anziani, che erano stati accusati di caporalato in ambito sanitario. Più case di riposo (poi “colpite” dal sequestro preventivo) che – secondo l’accusa – non sarebbero state adeguate per ospitare gli anziani, circa 29 pazienti che furono in seguito trasferiti in altre strutture del territorio. Dopo le verifiche effettuate dai Nas e dall’Ats Insubria, e dopo l’intervento dei carabinieri del Nucleo ispettorato del lavoro di Como, emersero le posizioni di dieci dipendenti (tra cui otto donne) che avrebbero praticato la professione all’interno delle strutture adibite a case di riposo senza però avere le qualifiche e per di più venendo sottopagati.
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