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Centri commerciali chiusi la domenica, la proposta divide

Como, vent’anni fa, fu uno dei primi comuni lombardi ad avviare le aperture domenicali dei negozi. Plauso di Confesercenti: «A favore dei negozi di vicinato». E Butti incalza Di Maio

Chiusure festive dei centri commerciali: politici, negozianti e associazioni si dividono.Fa discutere la proposta di legge del governo, che prevede la reintroduzione della chiusura obbligatoria dei centri commerciali la domenica e nei festivi, con delle possibili deroghe limitate soltanto ai piccoli esercizi nelle città turistiche.

L’idea prevede anche un tetto di otto aperture straordinarie: le quattro domeniche di dicembre più altre quattro da scegliere nel resto dell’anno.

La proposta riceve il plauso di Confesercenti Como. «Nella quasi totalità dei casi – afferma il presidente Claudio Casartelli – i lavoratori della domenica dei centri commerciali sono gli stessi impiegati nel corso della settimana costretti a fare straordinari e turni massacranti: quindi non è vero che si perderanno così posti di lavoro, piuttosto sono da contare le centinaia di migliaia di posti persi tra i negozi di vicinato costretti alla chiusura a causa dei clienti persi e direzionati sempre più verso la grande distribuzione. Creare lavoro e un’economia che ridistribuisca ricchezza è da sempre la nostra priorità».

Opinione diversa quella di Patrizia Maesani, presidente della II Commissione consiliare del Comune di Como.«Il nostro fu uno dei primi Comuni lombardi ad avviare la procedura per le aperture domenicali dei negozi, era il 1998 – dice Maesani – È sempre stata una facoltà, non un obbligo. In questi anni ho visto tanti negozi cambiare le proprie abitudini, avviando anche assunzioni straordinarie. Se il lavoro domenicale crea posti di lavoro e ricchezza, ben venga. A mio parere, invece, le aperture serali o 24 ore su 24 potrebbero portare maggiori disagi in particolare alle donne e a chi ha una famiglia. Trovo terribile questa manovra illiberale», conclude l’avvocato Patrizia Maesani.

Sulla proposta è arrivata anche un’interrogazione dei deputati di Fratelli d’Italia Alessio Butti e Tommaso Foti al ministro dello Sviluppo Economico nonché vicepremier Luigi Di Maio, con la quale si chiede quale sia l’impatto ipotizzato in materia di occupazione e si invita ad avviare un dialogo costruttivo con le associazioni di categoria.

«Premesso che Luigi Di Maio, ancor prima di assurgere a ruoli governativi, aveva annunciato la volontà di chiudere tutti gli esercizi commerciali nei giorni festivi, divenuto ministro aveva corretto l’annuncio riconfermando l’idea, ma modulandola diversamente», i firmatari chiedono «quale impatto ipotizza il ministro in materia di occupazione sull’intero comparto Commercio. Se non sia il caso convocare le competenti associazioni di categoria al fine di sviluppare un dialogo costruttivo sui provvedimenti che il governo intende assumere» e «se non si ritenga, tale misura, un incentivo all’uso dell’e-commerce a tutto vantaggio dei grandi gruppi» e «se siano previste, nell’impostazione del ministro, deroghe per le città e per le zone turistiche che dalle liberalizzazioni del 2011 hanno ottenuto innegabili vantaggi di natura economica».

Infine si chiede «quali siano le differenze di applicazione delle misure previste ipotizzabili per il piccolo commercio e la grande distribuzione».Non secondario nell’ambito di tale dibattito il parere della chiesa cattolica. Secondo don Giampaolo Romano, responsabile della pastorale sociale e del lavoro della diocesi di Como, «si discute da tempo della chiusura degli esercizi commerciali la domenica, precisamente da quando si è avviata l’ampia liberalizzazione degli orari. Da un punto di vista religioso, la domenica è il “giorno del Signore” da vivere con l’astensione dal lavoro, ma fuori dall’ambito spirituale ne troviamo uno sociale e antropologico parimenti importante: siamo una società sempre più individualista, dove va recuperato proprio il senso della vita in famiglia, dello stare insieme. Certo, non è chiudendo alla domenica i centri commerciali che si può immaginare di risolvere magicamente il problema in modo immediato. Occorrerebbe ben altro. Peraltro, non è il centro commerciale l’unico luogo dove è possibile maturare un’esperienza di socializzazione».

Un argomento complesso, tra etica ed economia: «Tante categorie di lavoratori prevedono l’attività festiva, ma alla base del ragionamento ci deve essere una prospettiva che abbia al centro la persona umana», dice il sacerdote lariano.

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