C’è un grande fratello che governa gli accessi al centro storico di Como. Tutti lo sanno. Nessuno, però, sa che quello stesso grande fratello nulla può contro i furbetti del parcheggio. Coloro i quali, cioè, muniti di regolare permesso, lasciano la propria auto in sosta nella città murata per ore e ore, incuranti dei divieti che pure esistono (ma che nessuno, come vedremo, fa applicare). «Como è una giungla», dice Patrizia Lissi, consigliera comunale del Partito Democratico e autrice, lo scorso anno, di un lungo e dettagliato dossier fotografico nel quale si documentava proprio il malvezzo di tanti automobilisti di posteggiare in centro per ore.
La Zona a Traffico Limitato (Ztl) è una barriera invalicabile per chi è sprovvisto di tagliando, ma è nello stesso tempo una Disneyland per chi sceglie di mollare l’auto nelle stradine destinate ai soli pedoni.Da tempo in redazione piovono segnalazioni da parte di chi abita e lavora tra le mura cittadine. Tutta gente stanca di vedere ogni santo giorno le stesse macchine parcheggiate negli stessi posti. Secondo Patrizia Lissi, il dato è «sconvolgente. I problemi sono due: le tantissime auto che girano per il centro storico e le tantissime auto posteggiate senza che nessuno controlli mai nulla».
I pass di accesso – è noto – non hanno una durata illimitata. I residenti hanno spesso un posto assegnato o un garage privato, e quindi non creano particolari problemi. Ci sono, è vero, i residenti che non sanno dove mettere la macchina: possono entrare in città murata per 45 minuti, completare le operazioni di carico e scarico (lo stesso vale per i commercianti o i titolari di pubblici esercizi), ma devono poi collocare altrove l’auto. Fuori dalla cerchia delle mura. Poi, ci sono i furbetti. Quelli che sfruttano il permesso come non dovrebbero. E lasciano le loro quattro ruote a fianco di portoni e palazzi. E chi se ne frega se la zona è pedonale.
Come spiegato ieri ai microfoni di Etv dal comandante della polizia locale di Como, Donatello Ghezzo, «le nuove telecamere poste ai varchi di accesso registrano gli ingressi e le uscite ma non la permanenza, perché la normativa nazionale al momento non lo consente per motivi di privacy». Dal canto suo, l’automobilista è tenuto a esporre il disco orario, ma va da sé che il furbetto della sosta non ha alcun problema a spostare di continuo le lancette nel corso della giornata, sgusciando così indenne da una possibile sanzione. Spetta, dunque, ai vigili – dotati di un apposito tablet e relativo programma – verificare se il veicolo è autorizzato all’accesso e da quanto tempo si trova all’interno della Ztl.
Questo però non accede con regolarità. Anzi, non accade proprio. Se non in rari casi, stando alle segnalazioni dei cittadini e anche alle ammissioni dello stesso comandante dei vigili, il quale ammette di non avere uomini a sufficienza per questo genere di controlli.
Sia Ghezzo sia l’assessore alla Sicurezza, Elena Negretti, parlano di «personale risicato» e della sostanziale «impossibilità di essere ovunque».«Il problema di chi si ferma oltre i tempi previsti esiste – ha detto ancora Ghezzo a Etv – mi auguro che la normativa, per quanto riguarda le telecamere dei varchi, possa essere presto modificata, e intanto sollecito i cittadini a segnalare a noi eventuali anomalie». Negretti, dal canto suo, non nega l’attuale Far West nella città murata. «C’è anche fuori dalle scuole o in altri contesti e noi non possiamo essere dappertutto – ha detto l’assessore sempre a Etv – nel limite delle nostre risorse, ogni giorno una pattuglia in centro c’è, ma deve occuparsi anche di altro. Potrei pure dire che incrementerò i passaggi delle pattuglie, ma poi restano scoperte altre zone. A mio avviso, si deve lavorare sul senso di responsabilità delle persone e sul rispetto delle regole».
«Il tema è un altro – dice però Stefano Fanetti, capogruppo del Pd in consiglio comunale – e riguarda l’organizzazione dei controlli. È vero che non si può far tutto, ma nemmeno è possibile far niente. Nessuno si deve sentire autorizzato a pensare che il campo sia libero, altrimenti non c’è più rimedio».
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