Il messaggio per la fine del RamadanL’appello del vescovo di Como: «La convivenza appare più solidale. Possiamo edificare la pace»Una lettera del vescovo di Como, Diego Coletti, a tutti i musulmani del territorio. Un messaggio che il presule ha voluto inviare alla conclusione del mese di Ramadan.Coletti rivolge i suoi personali auguri e dice: «Siamo felici di costatare che, in vari luoghi della Diocesi, gli scambi tra cristiani e musulmani s’intensificano; la convivenza appare più solidale e molte strutture presenti sul nostro territorio sono liete di accogliervi ma anche di fare insieme a voi cammini comuni sulla strada della pace, della giustizia, della lotta alle povertà».Il vescovo di Como si sofferma poi sui conflitti e sulle loro cause: «Hanno spesso origine nel cuore degli uomini che si rifiutano di aprirsi a Dio. Un tale cuore è abitato dall’egoismo, dal desiderio smodato del potere, del dominio e della ricchezza, e tutto ciò a detrimento dell’altro e senza alcuna attenzione al grido dell’affamato e dell’assetato di giustizia e di solidarietà», spiega Coletti.«Come credenti nel Dio Unico, noi siamo consapevoli del nostro dovere di cercare di instaurare la pace – aggiunge il vescovo Coletti – Cristiani e musulmani, crediamo che la pace sia prima di tutto un dono di Dio, ed è per questo che le nostre rispettive comunità pregano per la pace e sono sempre chiamate a farlo. Al fine di ottenere la pace e mantenerla, le religioni possono giocare un ruolo importante».Il presule insiste sull’importanza dell’impegno educativo: «Le religioni possono dare un contributo particolare all’edificazione di una pace duratura. Siamo infatti convinti che le vie della pace passino per l’educazione e che l’educazione alla pace comporti ugualmente la conoscenza e l’accettazione delle diversità».Lo stesso Coletti, poi, pone l’accento sull’impegno nella lotta alla povertà. «La povertà umilia e genera sofferenze intollerabili – afferma – che sono spesso all’origine di isolamento, di ira, addirittura di odio e di desiderio di vendetta. Ciò potrebbe spingere ad azioni di ostilità con tutti i mezzi disponibili, cercando di giustificarli anche con considerazioni di ordine religioso: vendicarsi, magari in nome di una pretesa “giustizia divina”, dell’ingiustizia dell’altro».«La povertà da combattere è sotto gli occhi di tutti – sostiene ancora il vescovo nel suo messaggio agli islamici – la fame, la mancanza di acqua potabile, la scarsità di cure mediche e di alloggi adeguati, la carenza di sistemi educativi e culturali, l’analfabetismo, senza tacere dell’esistenza di nuove forme di povertà come fenomeni di emarginazione, di povertà relazionale, morale e spirituale».Poi la conclusione: «Una povertà da scegliere è quella che invita a condurre uno stile di vita semplice ed essenziale, che evita lo spreco. Quella che condividiamo insieme, durante certi periodi dell’anno, della frugalità e del digiuno e che predispone ad uscire da noi stessi e dilata il cuore. Mettendo a disposizione di tutti la ricchezza che scaturisce dalla preghiera, dal digiuno e dalla carità degli uni e degli altri, non è forse possibile che il dialogo mobiliti le forze vive di quanti sono in cammino verso Dio?».
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