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Coltellata all’amica: cinque anni e mezzo di pena

Cinque anni e mezzo per le coltellate all’addome dell’amica al termine di una serata in cui avevano organizzato di vedersi per prendere un caffè.Cosa invece scattò nella testa di Giuseppe Rizzo, 46enne di Lipomo, non è ancora stato chiarito del tutto, nonostante la sentenza di primo grado letta ieri mattina dal giudice dell’udienza preliminare di Como, Maria Luisa Lo Gatto. Cinque anni e sei mesi con il rito Abbreviato – e lo sconto di un terzo della pena – più un risarcimento del danno

provvisionale da 30mila euro, in attesa di una futura definizione in sede civile.La vittima, sentita nell’imminenza dei fatti, rivelò: «Rizzo l’ho fatto entrare io. Era venuto a prendere un caffè, come faceva spesso. Poi non so cosa sia successo. Io stavo guardando la fine di un film e mi ha aggredita».E ieri lo stesso 46enne, che ha voluto parlare al giudice prima della sentenza, ha ammesso «di non sapersi spiegare il perché di quel gesto» aggiungendo che «non voleva fare del male all’amica». Che invece fu colpita da un coltello a serramanico con una lama lunga undici centimetri, che causò una prognosi di 50 giorni e il concreto rischio di morte della vicina di casa di 57 anni: da qui l’accusa di tentato omicidio. Ieri l’avvocato della difesa, Fabio Gualdi, ha tentato di convincere il giudice del fatto che l’uomo si pentì subito dell’accaduto, tanto che fu il primo a chiedere i soccorsi per la vittima rimanendo sul posto. Anche se tentò comunque di depistare le indagini cambiandosi gli indumenti sporchi di sangue prima dell’arrivo dei carabinieri. Lo stesso legale ha chiesto i “domiciliari”, istanza su cui il gup si è riservato di prendere una decisione.Il fatto risale al 29 aprile scorso, in via Cà Rota a Lipomo. I due – Rizzo e la vicina di casa – si conoscevano da oltre due anni e avevano un rapporto esclusivamente d’amicizia. Quella sera, Rizzo era andato a casa della vicina per prendere un caffè e per vedere un film, come faceva spesso. La serata si trasformò però in una brutale aggressione che si concluse solo quando la vittima era ormai a terra priva di conoscenza. Il tutto dopo averla accoltellata e aver tentato di soffocarla. La prognosi della signora fu di 50 giorni. E, come detto, rimane inspiegabile ancora oggi il motivo del gesto. La stessa Procura ha ammesso che quel fatto si svolse «in assenza di motivazione alcuna».

Mauro Peverelli

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