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Como 1907, la prima intervista al nuovo allenatore Marco Banchini

«I valori del mio Como? Umiltà, passione e sogno». Si presenta così Marco Banchini, classe 1980, vigevanese, nuovo allenatore della formazione lariana, che oggi sarà in panchina a Catania nell’esordio stagionale degli azzurri. I lariani giocano alle 20.30 allo stadio Cibali nella gara secca valida per il primo turno della Coppa Italia maggiore. Banchini in settimana ha già svolto sei sedute di allenamento con la squadra, che dunque ha avuto modo di conoscere. Ma l’ingaggio è stato ufficializzato nella tarda serata di venerdì. Mister Banchini, lei ha accettato di allenare un club che ancora non sa la categoria in cui giocherà.

«Quando penso al Como mi vengono in mente la sua storia, il calore dei tifosi, una piazza esigente: ecco perché non ho avuto dubbi e non mi sono posto il problema della categoria, con la speranza che ovviamente possa arrivare il ripescaggio in serie C. Conosco da anni Ninni Corda, che ho incrociato come avversario. Ho parlato con Roberto Felleca e l’ho sentito molto motivato: tutti assieme possiamo iniziare un percorso importante».

Lei parla di percorso, mentre la parola di moda è progetto. Ormai la utilizzano tutti…«Da me non la sentirete mai – risponde sorridendo Banchini – Lasciamola ad ingegneri, architetti e geometri».

Peraltro in serie C lei vanta già esperienze a Siena e a Caserta. «È un torneo affascinante e competitivo dove si trovano club di grande tradizione con giocatori importanti e allo stesso tempo squadre emergenti, cito Pontedera e Giana Erminio, che possono mettere in difficoltà qualunque interlocutore».

Un allenatore giovane, ma con un curriculum non troppo tradizionale. Lei ha lavorato in Albania, a Malta e in Oceania, a Vanuatu.«Penso che andare ad allenare fuori dall’Italia sia stato appagante e sia stato molto formativo. Peraltro la prima opportunità, in Albania, è nata per caso, poi ci ho preso gusto. A Vanuatu abbiamo vinto campionato, Coppa Nazionale e siamo arrivati nella Champions Oceanica, uscendo con l’Auckland City, che poi avrebbe vinto e successivamente partecipato al Mondiale per club, terminando peraltro con un onorevole terzo posto».

Veniamo al Como 2018-2019. A Catania c’è il primo impegno in Coppa Italia.«Di fronte troveremo una formazione che attende il ripescaggio in serie B; ai miei giocatori chiedo entusiasmo, umiltà e la voglia di interpretare una gara di sacrificio».

Più in generale quali saranno i valori del suo Como?«In ogni partita voglio vedere una squadra aggressiva e organizzata con tre valori di base: umiltà, passione e sogno. L’umiltà deve caratterizzare il percorso di noi tutti. La passione è lo svolgere al massimo il proprio lavoro, sapere fare autocritica, l’aiutarci, il dare peso a ciò che si costruisce. Il sogno è il costruire qualcosa di importante per questa società che ha storia e tradizione».

Grinta e determinazione fanno parte del suo Dna… «Mi reputo un allenatore alla Diego Simeone o Antonio Conte, che chiede a tutti di andare oltre i propri limiti, di fare qualcosa in più rispetto a quello che la propria testa può determinare. Sarà un Como aggressivo e concreto che punti sul possesso palla e sia più verticale possibile».

Con la sua esperienza internazionale e per come ragiona, dà l’impressione di essere un tecnico che ama studiare e aggiornarsi continuamente.«Confermo. Mi piace vedere come agiscono i grandi allenatori e sono stato spesso a seguire il loro lavoro durante la settimana: ho seguito sedute di Massimiliano Allegri, Mourinho, Luciano Spalletti, Diego Simeone, Maurizio Sarri, Rolando Maran; in Argentina Julio César Falcioni e Marcelo Bielsa».

Ha uno schema prediletto?«Premesso che al di là dei numeri contano l’atteggia – mento e il sapersi adeguare alle situazioni, cambiando le disposizioni quando necessario in attacco e difesa, mi sento di dire che prediligo il 3-5-2».

Da avversario o da spettatore ha avuto modo di seguire il Como?«Devo essere sincero. Dopo che lo scorso anno lo staff di cui facevo parte a Caserta è stato esonerato, ho visto 7-8 volte la formazione lariana ed ero sugli spalti anche nelle “famigerate” partite contro Gozzano e Caratese nel finale di stagione. E poi da piccolo, quando ho iniziato a interessarmi di calcio, non potevo non seguire gli azzurri in A, quando al Sinigaglia si giocarono epiche sfide contro grandi come Zico, Maradona e Platini; senza dimenticare che questo club tre anni fa era in B. La considero davvero una grande opportunità».

Redazione

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