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Con la Svizzera ora scoppia la “guerra” del turismo

Ancora ieri, in conferenza stampa a Berna, i dirigenti dell’ufficio federale della Sanità hanno insistito nel consigliare prudenza e chiesto ai cittadini di «non rovinare i risultati» positivi raggiunti sinora con comportamenti irresponsabili. Nel frattempo, però, la Confederazione decideva di aprire le piste da sci e di non aderire alla moratoria europea. Sulle nevi rossocrociate le settimane bianche non si fermano. Nonostante il Covid. E nonostante le restrizioni che impongono la chiusura di ristoranti e pub.A Zermatt, forse la località sciistica più famosa del Vallese, anche per lo spettacolo imponente del Cervino, le piste sono già in funzione. Mentre sul versante opposto, a Cervinia, regna un totale silenzio.La scelta delle autorità elvetiche è chiara. Ed è dimostrata dal fatto che qualsiasi italiano, da qualunque regione provenga, se volesse andare a sciare potrebbe in questo momento varcare la dogana senza trovare ostacoli. O meglio, li troverebbe in Italia, dove gli spostamenti interregionali o intercomunali sono vietati. Non oltrefrontiera.La pandemia ha di fatto scatenato una guerra tra operatori turistici. Svizzera e Austria non intendono frenare le vacanze sulla neve, incuranti dei rischi che derivano dagli affollamenti sulle piste, agli impianti di risalita, nei locali in quota. Non è un caso, allora, se il governo italiano ha immaginato di inserire, nel nuovo Dpcm (in vigore probabilmente dal 4 dicembre prossimo) la quarantena obbligatoria di due settimane per chi sarà andato a sciare fuori dai confini nazionali. Una scelta dettata dall’obiettivo di scongiurare i rischi di un’impennata dei contagi, cosa avvenuta la scorsa estate proprio a causa di un certo lassismo nelle regole indotto dalle richieste dell’industria del turismo. Una nuova ordinanza del ministro della Salute Roberto Speranza dovrebbe poi includere tra quelli «a rischio» i Paesi che non aderiranno all’accordo europeo per chiudere le piste da sci. Intanto, i presidenti delle Regioni hanno chiesto al governo di valutare la chiusura delle frontiere in caso di divieto di riapertura degli impianti da sci. L’obiettivo è sempre lo stesso: colpire la concorrenza “sleale” degli Stati alpini che hanno permesso le vacanze sulla neve.

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