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«Coronavirus: nessun allarme, ma i valori cresceranno ancora»

«Ho letto che il virologo Guido Silvestri ha decretato il fallimento dei modelli matematici, io non sono per la guerra tra scienziati, ma mi pare che tra virologi e matematici al momento chi ha fatto i maggiori errori siano i primi». Davide Tosi, ricercatore di Informatica dell’Università dell’Insubria ed esperto in Big Data e modelli predittivi, torna a distanza di pochi giorni a parlare di un possibile nuovo picco.«Non dobbiamo creare allarme, ma il mio modello del 15 maggio si sta rivelando efficace. Avevamo previsto un appiattimento fino alla fine di maggio e l’inizio di giugno, quindi una lenta risalita, per arrivare al nuovo massimo attorno al 18 giugno. Ma è normale, la fase 2 e la fase 2 bis hanno portato allentamenti delle prescrizioni. La curva non ha la pendenza di fine febbraio e inizio marzo. L’indice R0 fino all’inizio di marzo era 3, ora in Lombardia siamo tra lo 0,75 e lo 0,80».Quindi si sente di rassicurare i lombardi e i comaschi?«Oggi abbiamo tutti gli strumenti per contenere la pandemia, poi abbiamo tutti la mascherina e questa è la migliore protezione. Una variabile non da poco nello studio della situazione».Eppure è cresciuto il rapporto tra tamponi effettuati e nuovi positivi.«Si tratta solo di una questione di dati. Da poco abbiamo dalla Regione i numeri disgregati tra i tamponi totali e i tamponi su casi nuovi. Prima era tutto assieme, anche secondo, terzo tampone su chi era già ricoverato. La risalita sarà tranquilla, fino a un massimo di mille casi in tutta Italia».Come dobbiamo guardare i numeri del contagio?«L’errore principale è osservare i dati giorno dopo giorno – spiega il ricercatore – L’osservazione va condotta in una finestra più ampia».I ricoveri ospedalieri in terapia intensiva però sono un indicatore efficace?«Dice bene, i ricoveri, non i pazienti. Prima si teneva sott’occhio solo la terapia intensiva, si diceva oggi -30, senza dire però quanti erano entrati e quanti usciti. Il numero va disgregato. Si devono leggere i ricoverati, ma anche i guariti».

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