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Corruzione a Como: 30 indagati fra commercialisti e imprenditori

Corruzione all’Agenzia delle Entrate, puntata numero 3. Dopo i due blitz dei mesi scorsi, che scossero nel profondo le fondamenta economiche e professionali della città di Como, nelle scorse ore la Procura – a firma del pubblico ministero Pasquale Addesso – ha notificato a trenta indagati e a due società la chiusura delle indagini preliminari. Un atto che non ha mancato di destare scalpore perché, tra i nomi riportati, ne rientrano quindici che mai erano stati fin qui citati: in gran parte commercialisti, imprenditori e anche funzionari dell’Agenzia delle Entrate (due) che ancora non erano finiti nella maxi inchiesta portata avanti dalla guardia di finanza.Uno spaccato sconfortante di quella che era la prassi in voga a Como, ovvero pagare mazzette per ottenere vantaggi per sé (nel caso di imprenditori) oppure per i propri clienti, nel caso dei commercialisti. I numeri destano scalpore: dei 30 indagati (che sono i nominativi rimasti dopo che la gran parte dei primi coinvolti aveva già definito la propria posizione con la giustizia) ben 17 sono commercialisti o fiscalisti, tre dei quali anche consulenti Ctu presso il Tribunale di Como, personaggi molto noti e stimati in città. Non subirono – nei mesi scorsi – l’onta degli arresti che coinvolsero altri colleghi, ma i loro nomi sono comunque emersi in fase di indagine tanto che oggi il pm contesta loro l’ipotesi di reato di corruzione, pure loro avvezzi (secondo quanto contestato) a lasciare la mazzetta sul tavolo pur di ottenere vantaggi per i clienti o importanti riduzioni erariali in accordi mediazione che venivano firmati di fronte agli stessi funzionari compiacenti, il tutto in danno dell’erario. Nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari confluiscono anche i nomi di due società, ritenute responsabili di illeciti amministrativi per non avere «prima della commissione dei fatti, adottato ed efficacemente attuato modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire il delitto di corruzione (in un caso) e di traffico di influenze illecite (nell’altro).L’indagine è sempre quella che aveva preso spunto dalle verifiche sulle attività illecite che ruotavano attorno allo studio dei commercialisti Antonio e Stefano Pennestrì e a compiacenti funzionari dell’Agenzia delle Entrate di Como, tutti già giudicati separatamente e con le posizioni ormai definite. In una seconda ondata di arresti, a finire nei guai erano stati altri commercialisti e altri funzionari.Mancavano tuttavia da definire una lunga serie di posizioni per cui è arrivata in queste ore la chiusura delle indagini. Gli indagati avranno tre settimane di tempo, con i rispettivi avvocati, per studiare la strategia difensiva e cercare di convincere il pm della loro innocenza. Poi sarà la Procura a valutare se chiedere o meno il processo.Il modo di agire di questa ulteriore e nuova ondata di indagati, era sempre il solito: i funzionari venivano pagati per «il sistematico asservimento» alle richieste, che portavano a effettuare accessi abusivi e visure per i clienti degli studi, ma anche all’occorrenza a mediare con l’erario vie d’uscita più vantaggiose economicamente. Come del resto traspare da una intercettazione in cui il funzionario dice alla commercialista: «Vengo io in udienza (davanti alla Commissione Tributaria, ndr) e chiaramente ti aiuterò… mi interessa la questione». E la professionista replica divertita: «Dai, vieni solo per vedere le cavolate che dico». Con tanto di “teatrino” effettuato i giorni prima in studio per rendere ancora più credibile la sceneggiata. Il tutto per una retribuzione, pagata dall’imprenditore che aveva la pendenza aperta con l’erario, per una «somma di denaro non inferiore ai 9mila euro».

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