(a.cam.) Un cancello arrugginito, bloccato con una catena chiusa da un grosso lucchetto, nel mezzo di una lunga e stretta strada che attraversa il bosco, lontano dal cuore del paese, in direzione della discarica. Se si volesse rappresentare con un simbolo il buco nero che ha inghiottito 38 milioni di euro e ha portato Mozzate sull’orlo del default, questa immagine sarebbe una delle più gettonate per rappresentare il disastro finanziario.Il cancello in questione delimita l’area di quello
che sarebbe dovuto diventare un parco fotovoltaico di 4 ettari, un impianto in grado di produrre kilowatt e kilowatt di energia pulita. Il Comune di Mozzate ha ottenuto quattro concessioni – al costo di 250mila euro l’una – ciascuna per “un mega” di energia fotovoltaica. Per l’opera è stato anche sottoscritto un mutuo da 2 milioni di euro che ora l’amministrazione sta restituendo con gli interessi. In realtà, quello che c’è, è poco più del cancello arrugginito.Oltre la barriera bloccata dal lucchetto c’è un’area verde, inutilizzata. Un paio di piccole costruzioni e una staccionata in legno sono la prova di un (timido) tentativo di avviare i lavori del parco fotovoltaico, rimasti però bloccati sul nascere. Il cuore dell’impianto – i pannelli fotovoltaici – non ci sono e non sono mai stati acquistati. Si intravede qualcuna delle intelaiature d’acciaio sulle quali dovrebbero essere installati, ma nulla più. Davanti al cancello giace una montagna di lastre di catrame e sacchi della spazzatura, oltre a qualche tanica di cherosene abbandonata chissà da quanto. E quello del parco fotovoltaico non è l’unico avveniristico progetto che avrebbe dovuto dare una nuova vita all’area. A poca distanza dal cancello arrugginito, infatti, sarebbe dovuta sorgere nientemeno che una centrale per la produzione dell’energia elettrica con l’utilizzo di alghe. Nel 2010, il progetto era stato sostenuto dall’allora presidente del consiglio comunale Giancarlo Galli. L’idea era di ottenere un maxifinanziamento europeo per realizzare l’opera ed erano stati avviati i primi contatti con soggetti che potessero concretizzare l’intervento. Le alghe però, come i pannelli fotovoltaici, non sono mai approdate in quella stretta strada lungo la quale sfrecciano i camion dei rifiuti diretti alla discarica e ben pochi altri mezzi. Il futuro paradiso delle energie rinnovabili è rimasto in realtà uno dei troppi monumenti allo spreco e al degrado.
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