Di passaggio sul Lario, dove ha conquistato il pubblico con le sue preziose lezioni, Philippe Daverio si espresse anche per il rilancio del complesso di Villa Olmo: «Avete un sistema di musei, che come ho ribadito più volte in articoli e libri, è di notevole interesse anche se va reso più attraente, proprio in uno spirito di “rete” che abbracci tutto il Nord d’Italia: 15 milioni di persone», disse intervistato sul Corriere di Como da Lorenzo Morandotti.
Fu colpito anche dalla Basilica San Vincenzo in Galliano: «Andare a visitarla – disse – consente di intraprendere un poetico percorso negli strati reconditi della memoria».
Philippe Daverio fu ospite anche del 55° Congresso Nazionale della Società Italiana dei Neurologi, Neurochirurghi e Neuroradiologi Ospedalieri che si tenne a Como nel 2015. Precedendo gli specialisti e primari Mario Guidotti, Marco Arnaboldi e Angelo Taborelli, che discutevano di malattie neurologiche, il critico Philippe Daverio tenne al Teatro Sociale un incontro davvero originale che inaugurò il congresso. Titolo: “Il futuro estetico del cervello”…
Philippe Daverio, inoltre, nutriva una grande stima per il pittore espressionista di Porlezza Bruno Bordoli di cui scrive con il suo consueto stile: «La sua pittura si radica in una tradizione lombarda così antica da sorgere dalle brume seicentesche ed è un espressionismo feroce e lirico».
«Philippe Daverio ha sempre saputo essere molto vicino a chi incontrava, che fosse una sola persona o un salone colmo di gente» ricorda Luigi Cavadini, critico d’arte ed ex assessore alla Cultura del Comune di Como.
«L’essere vicino – spiega Cavadini – per lui significava farsi capire; le cose che diceva dovevano essere chiare e comprensibili, questo è il filone che ha seguito nel lavoro e nella scrittura, ideale per un critico che vuole incontrare la gente per farsi comprendere, evitando il rischio di parlare di se stesso».
«A Como è sempre venuto con piacere – ricorda ancora Cavadini – e ha sempre avuto un grosso riscontro, gli avevamo proposto di essere testimonial della città nel momento in cui si è parlato di Como capitale della cultura. Non aveva scartato l’idea ma aveva paura di chiudersi altre strade nelle altre città e alla fine declinò l’offerta».
«Non vedo al momento suoi eredi – conclude Cavadini – bisogna essere capaci di scendere di livello per essere comunicatori, è molto difficile».
