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Delitto Molteni, condanne confermate in Appello per Rho e Brivio

Ergastolo ad Alberto Brivio e vent’anni a Daniela Rho. La Corte d’Appello di Milano ha confermato nel primo pomeriggio di oggi, dopo poco meno di quattro ore di camera di consiglio, le condanne della sentenza di primo grado per l’omicidio di Alfio Vittorio Molteni, l’architetto ucciso a Carugo, davanti a casa, nel mese di ottobre del 2015.Per l’accusa, Daniela Rho, moglie della vittima, avrebbe commissionato con Brivio, che allora era il suo amante, una serie di atti intimidatori poi sfociati nel delitto. Omicidio che in realtà, nelle intenzioni, avrebbe dovuto essere una gambizzazione, un “avvertimento”.I giudici milanesi hanno nella sostanza confermato l’impianto accusatorio della Procura di Como che già era stato recepito dalla sentenza di primo grado.Per l’accusa, Daniela Rho, che si stava separando dal marito, con l’aiuto dell’allora amante Alberto Brivio (commercialista conosciuto nella azienda di famiglia) avrebbe commissionato una serie di atti intimidatori, poi culminati nell’agguato risultato letale per l’architetto, con l’intento di screditarlo di fronte ai giudici di Como. I due infatti avrebbero architettato il piano per mettere in cattiva luce Alfio Molteni in modo che gli fosse negata la possibilità di vedere e tenere le figlie.Alberto Brivio ha sempre respinto l’accusa, scaricando la responsabilità solo su Daniela Rho, ma la sua versione non è stata evidentemente giudicata credibile né in tribunale a Como né dai giudici milanesi.La sentenza di primo grado è stata recepita quasi completamente a Milano. La Corte d’Appello ha confermato anche l’ergastolo per Vincenzo Scovazzo, considerato essere uno degli esecutori materiali del delitto. Condanna confermata, 5 anni, anche per l’investigatore privato Giovanni Terenghi, al quale non viene contestato il delitto ma un ruolo negli atti intimidatori. Era quello – secondo la tesi della procura – che forniva informazioni sugli spostamenti di Alfio Molteni.L’unico ad aver ottenuto una riduzione della pena è stato Giuseppe De Martino, accusato di aver guidato l’auto con i killer a bordo fino a Carugo, luogo scelto per l’agguato mortale, condannato a 9 anni e 10 mesi rispetto alla pena di 14 anni e 8 mesi che gli era stata inflitta in primo grado. I giudici gli hanno riconosciuto l’attenuante dell’aver commesso un «reato diverso da quello voluto». L’articolo stabilisce che «se il reato commesso è più grave di quello voluto, la pena è diminuita riguardo a chi volle il reato meno grave».

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