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«Dovete mettervi in rete e investire in conoscenza, così salverete Como»

Aree degradate, zone da recuperare, gioielli poco valorizzati. La Como che ambisce faticosamente al ruolo di città turistica ha questi amarissimi retroscena, che spesso vengono sbattuti in faccia al visitatore mentre il residente quasi ci ha fatto il callo e dispera ormai di uscirne: ex Ticosa, cittadella sportiva di alto pregio architettonico a lago, ex opp del San Martino ed ex cineteatro Politeama sono un poker di simboli che traducono l’incapacità di reagire della città.Nicoletta Ossanna Cavadini, direttrice del “Max Museo” di Chiasso e storica dell’architettura, ha insegnato anche al corso di Beni Culturali dell’Università dell’Insubria di Como ed è autrice di una grande monografia su Villa Olmo, simbolo della cultura comasca.Mentre da questa parte del confine ci si affanna a discutere di denari e idee da reperire per trovare un regista che faccia uscire Como dallo stallo epocale in cui versa, il suo giudizio è netto: «Dovete mettervi in rete e investire in conoscenza». Solo così, dice, salverete la città. Facile a dirsi, a farsi un po’ meno. «È il salto di qualità che occorre – insiste – E la conoscenza vuol dire, per i monumenti e le aree di pregio da valorizzare come ad esempio quell’unicum che è il museo all’aperto di architetture del Novecento in zona Stadio, mettere in rete gli archivi dei grandi architetti del Razionalismo. Oggi digitalizzarli e renderli disponibili è ormai un obiettivo alla portata, ma occorre un programma di interventi seri: la memoria non è eterna, va coltivata. E il tutto va visto in ottica non solo locale o regionale ma europea. Como ha potenzialità incredibili, ha prodotto cultura, idee e manufatti ai vertici del continente europeo, pensiamo a Volta, a Innocenzo Odescalchi, ai Giovio. È stata una fucina di eccellenze, aperta al nuovo. Su tale eredità si deve basare un forte investimento nel campo della conoscenza, e sono lieta che sul “Corriere di Como” di ieri il fisico Giulio Casati sia tornato a insistere sulla necessità di un campus a Como. Dovete tornare a fare innovazione, a valorizzare le relazioni al massimo livello dell’aggiornamento culturale possibile, come avveniva proprio a Como nel Settecento con figure come il fisico Alessandro Volta».E mettersi in rete, sottolinea la studiosa, non è uno sterile lavoro di sinergie solo se parte dalla conoscenza delle proprie identità e, aggiunge, con «un circolo virtuoso tra pubblico e privato. Sono convinta che per sbloccare il vostro stallo occorra questo, e poi potranno spiccare il volo ulteriori approfondimenti e accordi, rilanciando Como nel mondo come fucina di saperi e di idee come hanno fatto peraltro i razionalisti, punte di diamante che hanno prodotto uno dei massimi substrati dell’innovazione architettonica del mondo, a quel tempo anche rivoluzionaria. Solo così il turismo culturale su cui tanto puntate può generare un indotto significativo».Altro elemento forte cui si accennava è la conoscenza in termini di ricerca di alto livello. «L’asse da privilegiare è quello su cui Como e Chiasso insistono, quello Milano-Zurigo – dice Ossanna Cavadini – E non fai rete seriamente se non crei poli di interesse che generino attrattività in luoghi strategici. Non è casuale che il nuovo polo della moda di Chiasso “Cerniera” firmato dallo studio Boltas Bianchi Architetti di Agno, ossia la nuova sede del centro professionale del Tessile di Chiasso, sorga lungo l’asse ferroviario di collegamento tra Svizzera e Italia, in corrispondenza e in relazione con la stazione di Chiasso».

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