È la città più brutta della Lombardia: stilata la classifica definitiva | Il primo posto non glielo toglie nessuno
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Una nuova classifica incorona una città lombarda come la più brutta: tra gag, stereotipi e polemiche, il dibattito si riaccende.
Da anni il bersaglio è sempre lo stesso: una città della Lombardia che nelle barzellette, nelle gag televisive e nelle chiacchiere da bar viene evocata come sinonimo di luogo grigio e poco attraente.
Ora a rilanciare lo stereotipo ci si mette anche una graduatoria nazionale sulle “10 città più brutte d’Italia”, che la colloca in una posizione tutt’altro che invidiabile e la bolla esplicitamente come la “più brutta” della regione. Un’etichetta pesante, che inevitabilmente fa discutere chi ci vive e la conosce ogni giorno.
Nella motivazione della classifica si parla di inquinamento industriale, mancanza di manutenzione, degrado urbano e di uno sviluppo urbanistico giudicato “caotico e disordinato”. Una fotografia severa, che per alcuni rispecchia una parte della realtà, per altri è solo l’ennesima esagerazione costruita su vecchi luoghi comuni.
Di certo, tra social e commenti, la discussione è riesplosa: c’è chi conferma senza mezzi termini il giudizio impietoso e chi, al contrario, si sente stanco di vedere la propria città ridotta a caricatura permanente.
Dal sesto posto in Italia al marchio di “più brutta della Lombardia”
Al centro della polemica c’è Busto Arsizio, indicata esplicitamente come “città più brutta della Lombardia” e addirittura al sesto posto nella top ten nazionale delle città meno belle d’Italia, dietro Corigliano Calabro, Gela, Mestre, Taranto e Piombino. L’articolo di affarifinanza.it (riportato anche da prealpina.it) che ha stilato la graduatoria riprende tutti i capisaldi dello stereotipo: troppi capannoni, poco verde, un’urbanizzazione giudicata poco armoniosa. Ma la domanda resta sospesa: Busto è davvero così brutta come viene raccontata o si tratta dell’ennesima semplificazione buona per un titolo ad effetto?
A tenere vivo il cliché hanno contribuito negli anni anche i personaggi dello spettacolo. Il giornalista radiofonico Giuseppe Cruciani, ospite di un podcast, ha scherzato dicendo che “se dici che Busto è un cesso di posto, nessuno ti minaccia”, aggiungendo che la città sarebbe “oggettivamente” brutta. Un giudizio che non è piaciuto a tutti: l’avvocato bustocco Walter Picco Bellazzi ha sbottato contro chi viene in città, lavora grazie al pubblico locale e poi la definisce in modo sprezzante, chiedendo una reazione più ferma anche da parte dell’amministrazione.

Tra battute, film cult e una dichiarazione d’amore in musica
I precedenti, del resto, non mancano. Tre anni fa una battuta del comico palermitano Angelo Duro – che, presentando una data del suo tour, descrisse Busto Arsizio con toni decisamente coloriti – fece infuriare molti cittadini e spinse un assessore a invitarlo a “andare da qualche altra parte” la volta successiva. Ancora prima c’erano state la celebre frase di Paolo Villaggio nel film “Io no spik inglish”, con Busto dipinta come “agghiacciante”, e la parodia “Lo svarione degli anelli”, che paragonava la città a una terra di fantasia tutt’altro che lusinghiera.
Eppure, accanto alle battute, esistono anche narrazioni opposte. In ambito artistico è nata persino una ballata firmata da Pierdavide Carone e Nando Timoteo, che si chiude con un verso inequivocabile: “Ti amo Busto Arsizio”. Un controcanto che racconta l’orgoglio bustocco, fatto di autoironia ma anche di voglia di difendere la propria città dalle etichette più sbrigative. Così, tra classifiche, gag e reazioni indignate, il primo posto come “più brutta della Lombardia” diventa il punto di partenza di un confronto più profondo: che cosa rende davvero vivibile – o invivibile – un luogo agli occhi di chi lo abita ogni giorno.
