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Elio celebra Jannacci a Villa Olmo

Enzo Jannacci, il poetastro come amava definirsi, verrà rivisitato, reinterpretato e “ricantato” da Elio, nel Parco di Villa Olmo, domani giovedì 15 luglio alle ore 21.30, all’interno delFestival Como Città della Musica.

Enzo Jannacci è stato il cantautore più eccentrico e personale della storia della canzone italiana, in grado di intrecciare temi e stili apparentemente inconciliabili: allegria e tristezza, tragedia e farsa, gioia e malinconia. E ogni volta il suo sguardo, poetico e bizzarro, è riuscito a spiazzare, a stupire: popolare e anticonformista contemporaneamente.

Jannacci (1935-2013) è stato un cantautore, cabarettista, attore e medico chirurgo. Cinquant’anni di carriera senza schemi fissi, oltre i confini. Dopo aver registrato quasi trenta album, alcuni dei quali indimenticabili, è ricordato come uno dei pionieri del rock and roll italiano, insieme a Celentano, Tenco, Little Tony e Gaber, con il quale formò un sodalizio durato più di quarant’anni. Basta dire Gaber e Jannacci per evocare una Milano che non c’è più, quella della nebbia, già grande città ma non ancora metropoli, una Milano romantica, popolata di personaggi bizzarri e poetici.

Di madre pugliese e padre lombardo, Jannacci la sua Milano l’ha sempre portata addosso. Meglio di chiunque altro ha saputo raccontare la Milano delle periferie degli anni ‘60 e ‘70, trasfigurandola in una sorta di teatro dell’assurdo realissimo e toccante, dove agiscono miriadi di personaggi picareschi e borderline, ai confini del surreale. “Roba minima”, diceva Jannacci: barboni, tossici, prostitute coi calzett de seda, ma anche cani coi capelli o telegrafisti dal cuore urgente.

Dopo il grande successo del 1968, Vengo anch’io. No, tu no, negli anni Settante si dedica agli studi medici, al teatro e al cinema e, dopo essere rimasto lontano dal palcoscenico, Jannacci ritrova un posto di primo piano nella musica negli anni Ottanta, tornando ai primi posti in classifica proprio con l’album Ci vuole orecchio, che dà il titolo a questo spettacolo.

Il Buster Keaton della canzone, nato dalle parti di Lambrate, viene reinterpretato da Elio, il quale ci tiene a precisare che “Ci vuole orecchio non è un omaggio, ma una ricostruzione di quel suo mondo di nonsense, comico e struggente (…) È un viaggio dentro le epoche di Jannacci, perché non è stato sempre uguale: tra i brani c’è La luna è una lampadina, L’Armando, El purtava i scarp del tennis, canzoni che rido mentre le canto. Ne farò alcune snobbate, Parlare con i limoni, Quando il sipario calerà. Perché c’è Jannacci comico e quello che ti spezza il cuore di Vincenzina o Giovanni telegrafista, risate e drammi. Come è la vita: imperfetta. E nessuno meglio di chi abita nel nostro paese lo sa.”

Sul palco, nella coloratissima scenografia disegnata da Giorgio Gallione, troveremo assieme a Elio cinque musicisti, i suoi stravaganti compagni di viaggio, che formeranno un’insolita e bizzarra carovana sonora: Seby Burgio al pianoforte, Martino Malacrida alla batteria, Pietro Martinelli al basso e contrabbasso, Sophia Tomelleri al sassofono, Giulio Tullio al trombone.

A loro toccherà il compito di accompagnare lo scoppiettante confronto tra due saltimbanchi della musica alle prese con un repertorio umano e musicale sconfinato e irripetibile, arricchito da scritti e pensieri di compagni di strada, reali o ideali, di “schizzo” Jannacci. Da Umberto Eco a Dario Fo, da Francesco Piccolo a Marco Presta, a Michele Serra.

Uno spettacolo giocoso e profondo perché “chi non ride non è una persona seria”.

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