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False fatture: Antonio Pennestrì patteggia un anno e mezzo

Confiscati beni per 2 milioni e mezzo di euro

(m.pv.) «Quando si commettono degli errori si pagano. E se sono qui oggi è perché qualcosa ho sbagliato». Antonio Pennestrì, storico presidente della Comense e noto commercialista del centro, parla a voce bassa a pochi minuti dalla ratifica del patteggiamento a un anno e sei mesi fatto di fronte al giudice dell’udienza preliminare di Como, Maria Luisa Lo Gatto. L’accordo prevede anche la confisca di beni immobili di proprietà per un totale di 2 milioni e mezzo di euro, cifra pari all’Iva non versata in un fascicolo che parlava di un giro di false fatture fino a quasi 7 milioni e mezzo di euro.

Una volta che la sentenza passerà in giudicato, l’avvocato di Pennestrì, il legale Giuseppe Botta, chiederà l’affidamento in prova ai servizi sociali. L’alternativa saranno i “domiciliari”, grazie all’età dell’imputato. La vicenda risale addirittura al novembre del 2011, quando le indagini della Procura (pm Massimo Astori) finirono con l’intersecarsi a quelle dell’Agenzia delle Entrate che al temine di verifiche fiscali in seno alla Comense aveva individuato costi ritenuti non giustificabili (e quindi utili per abbassare l’imponibile) per diversi milioni di euro.

Il conteggio complessivo della Procura di Como è cresciuto fino a toccare oltre sette milioni di euro in false fatture (due milioni e mezzo l’imponibile evaso), divisi in un milione e mezzo a titolo personale e il restante a vantaggio della storica società Comense. L’ufficio del pm avrebbe appurato l’emissione di dodici false fatture a titolo personale nel solo 2008, per un totale di un milione e mezzo di euro, mentre sul conto della Comense figurerebbero 25 false fatture per circa 3 milioni nel 2008 e 2 milioni e 800 mila euro nel 2007.«La magistratura ha agito come doveva – ha commentato Pennestrì – Se ho commesso infrazioni fiscali è giusto così. Del resto ho chiesto io di poter patteggiare. Errori se ne fanno quando si gestiscono società grosse e importanti come la Comense e se sono qui è perché qualcosa ho sbagliato»«Il Palasampietro? Non è né mio né della Comense – conclude – Credo però che i proventi che percepirò per i prossimi sette anni finiranno nel giro di ciò che mi verrà confiscato assieme ad altri beni immobili. La mia consolazione è che comunque ho fatto qualcosa, il palazzetto appunto, che per altri 200 anni rimarrà a disposizione dei giovani.

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