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Filadelfo Castro, direttore comasco al Festival di Sanremo: «Mi sentivo un gladiatore nel Colosseo. Con Rita Pavone una ventata di entusiasmo ed energia»

«Rita Pavone sul palco dell’Ariston ha portato energia ed entusiasmo con il suo pezzo rock. La standing ovation dell’Ariston è stata un bel riconoscimento, l’impatto sul pubblico è stato immediato». Parole del comasco Filadelfo Castro, che al Festival 2020 è direttore d’orchestra – oltre che produttore ed arrangiatore – della canzone di Rita Pavone “Niente (Resilienza 74)”. Un brano molto comasco, visto che Castro e la cantante hanno lavorato fianco a fianco nel laboratorio “Nerolidio” di via Sant’Abbondio in città. Del resto, è noto il fatto che l’artista viva in Canton Ticino, a ridosso del confine, a poca distanza dalla nostra città.Nella classifica parziale la canzone si è piazzata al decimo posto, su dodici partecipanti. «Ovviamente la classifica non ci è indifferente – sottolinea Castro – ma Rita prima ancora di partire ha voluto sottolineare che il Festival è prima di tutto una grande occasione per i giovani, che meritano una possibilità importante per la loro carriera. Quindi, vista con questa ottica, la graduatoria è sì rilevante, ma non è un’ossessione».Gli spettatori dell’Ariston, come detto, alla fine dell’esibizione di martedì hanno omaggiato Rita Pavone con una standing ovation. «A Sanremo di solito si fanno due scelte. C’è chi porta un pezzo che poi possa girare nella programmazione radiofonica. C’è chi, invece, predilige un impatto immediato sul pubblico e fa scelte ben decise, come è stato nel nostro caso. Abbiamo puntato su una impronta rock rispettosa della storia di Rita evitando accuratamente rievocazione trash. Quando abbiamo visto le persone alzarsi abbiamo capito che avevamo fatto la giusta scelta e che avevamo fatto centro».Una Rita Pavone che ha portato una forte energia, ma il suo direttore rivela che «all’inizio si è molto emozionata, in occasione della presentazione. Perché l’autore del brano è Giorgio Merk, suo figlio. Sentire pronunciare il suo nome in quel momento l’ha colpita profondamente. Poi è andata avanti con determinazione».I commenti, come sempre capita al Festival, si sono divisi, tra chi ha parlato di “flop Pavone” e tra chi ha scritto di una “lezione a tutti i giovani”. «Questo fa parte del Festival – spiega ancora Castro – Ma la constatazione più bella è che 47 anni dopo la sua partecipazione a questa manifestazione, Rita ha avuto un bel riscontro da parte del pubblico; per lei sono state moltissime le attestazioni di stima e affetto».Oggi Rita Pavone tornerà sul palco di Sanremo nella serata dei duetti. Al suo fianco, per cantare “1950” Amedeo Minghi, sempre con arrangiamento di Filadelfo Castro. Poi venerdì e sabato, il gran finale della manifestazione canora.Ma come è nata la collaborazione Castro-Pavone?«Rita è stata indirizzata a me da Claudio Cecchetto. Quando mi ha raccontato la sua storia inizialmente mi ha messo in apprensione, spiegandomi che aveva collaborato con nomi del calibro di Ennio Morricone e Luis Bacalov. Lavorare con lei fianco a fianco, poi, è stato davvero piacevole. Peraltro lei era contenta per la trasferta relativamente breve, visto che per venire nel mio laboratorio impiegava un quarto d’ora».Una domanda, infine, per Filadelfo Castro direttore d’orchestra. Quanti e quali emozioni a provato sul palco canoro più famoso? «Dico la verità – conclude – Ero tranquillo e focalizzato su quello che stavo facendo. Per il resto ricordo l’arrivo sul palco, in questi spazi stretti che stanno dietro la struttura, dove c’è confusione e tutti urlano. Mi sembrava di essere un gladiatore quando entrava al Colosseo. L’apprensione semmai, c’era alle prime prove, quando si deve iniziare a preparare il brano con l’orchestra, In realtà non ci sono stati problemi con professionisti di altissimo livello e musicisti meravigliosi; fin da subito c’è stata massima collaborazione».

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