La popolazione che invecchia e diminuisce, i giovani che lasciano il Cantone per mancanza di valide alternative professionali, un mercato del lavoro sempre più sotto pressione.Questi alcuni dei numerosi temi affrontati lo scorso ottobre nel convegno dell’Università USI-SUPSI di Viganello, intitolato “Il malessere del Canton Ticino”, che ha visto esperti e docenti interrogarsi sul futuro del territorio. Gli esiti del convegno – pubblicati sul sito di “Coscienza Svizzera – Gruppo di studio e di informazione” (www.coscienzasvizzera.ch) – tracciano un quadro interessante di tutti i più importanti aspetti della vita sociale ed economica del vicino cantone svizzero.I temi inerenti il mercato del lavoro e il frontalierato sono stati affrontati daSiegfried Alberton, professore presso la Scuola universitaria federale per la formazione professionale e daAmalia Mirante, docente USI e SUPSI.“Le previsioni fatte a livello nazionale tendono a evidenziare per il Ticino un netto calo di popolazione potenzialmente attiva (20-65 anni) nei prossimi decenni – si legge nell’introduzione alla conferenza “Mercato del lavoro e frontalieri” – L’economia del Canton Ticino correrà il rischio di una vera e propria carenza di manodopera che potrà essere compensata solo con un forte aumento della produttività o attingendo al mercato dei lavoratori frontalieri, già molto sotto pressione”.L’introduzione del salario minimo a fine 2021 in Ticino susciterà nuove dinamiche, non tutte prevedibili, è l’avvertimento degli studiosi. Che aggiungono: “La forte dipendenza dalla vicina Italia in settori chiave (sanità, turismo e industria) potrebbe in futuro creare grosse tensioni, soprattutto qualora la ripresa post Covid-19 in Italia dovesse dare i suoi frutti visti gli ingenti investimenti previsti dal piano Next generation UE».Siegfried Alberton nel suo intervento ha posto l’accento sul tema della longevità che fa ormai parlare, sempre più, di economia della longevità o di “Silver Economy”.“Siamo di fronte a cambiamenti paradigmatici importanti, non solo dal punto di vista tecnologico, ma anche dal punto di vista dei modelli di sviluppo e di crescita che sempre più si vorrebbero sostenibili – scrive Alberton – Come potremo risolvere il problema del ricambio generazionale per supportare un mercato del lavoro sempre più sotto pressione dal lato dell’offerta? Con politiche migratorie e di apertura ancora più importanti nei confronti di lavoratori esteri e frontalieri? Quale spazio potremo e sapremo dare alle giovani generazioni di residenti?”.Un tema affrontato anche dalla professoressa Amalia Mirante: “Personale qualificato, competente e con salari più bassi ha rappresentato per il Ticino un vantaggio competitivo per molti decenni. Tuttavia oggi ci si interroga sul fatto che proprio la possibilità di attingere al frontalierato sia stato uno dei freni allo sviluppo di una struttura economica innovativa, competitiva e in linea con il resto della Svizzera. Parrebbe che lo sviluppo di centri di eccellenza in ambito formativo e della ricerca, non sia andato di pari passo con lo sviluppo del tessuto economico”.
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