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Frontalieri in Ticino, sempre più vicina quota 70mila

Quota 70mila sempre più vicina. I frontalieri italiani in Ticino crescono ancora e il loro numero – 67.900 – è ormai prossimo a un’altra, imprevedibile soglia psicologica.L’ufficio federale di statistica (Ust) ha pubblicato ieri sul suo sito Internet i dati relativi al frontalierato in Svizzera nel terzo trimestre 2019. Il Canton Ticino è la regione elvetica che ha fatto registrare l’aumento più forte dei frontalieri: 2,7% rispetto al trimestre precedente e addirittura 7,9% sullo stesso periodo del 2018. Il Ticino ha così quasi raggiunto, in termini assoluti, la regione di Basilea, nella quale lavorano 69.715 frontalieri.Il dato pubblicato ieri dall’Ust è ovviamente il più alto mai registrato nel cantone di lingua italiana. Il picco precedente era stato segnato nel secondo trimestre di quest’anno, quando si era toccata quota 66.316.I numeri attuali sono davvero enormi. Basti pensare che all’epoca della famosa campagna dell’Udc ticinese sui “ratt” si discuteva in che modo non andare oltre quota 35mila frontalieri. Da allora a oggi si è quasi arrivati al raddoppio. Una situazione che alimenterà ulteriori polemiche e scontri negli ambienti della politica ticinese. Peraltro, tra 9 giorni le urne del cantone saranno di nuovo aperte per il ballottaggio al Senato. In lizza ci sono 4 candidati, tra i quali il democentrista Marco Chiesa, che al primo turno si è piazzato al secondo posto subito dietro l’uscente Filippo Lombardi (Ppd) e davanti al liberale Giovanni Merlini e alla presidente socialista della Camera bassa Marina Carobbio.La Lega dei Ticinesi, che appoggia Chiesa, ha diffuso ieri un comunicato in cui si «ringrazia» ironicamente la «partitocrazia spalancatrice di frontiere» e si parla di «invasione» da Sud.Nel solito stile veicolato ogni domenica dalle colonne del Mattino il partito di via Monte Boglia se la prende soprattutto con «i nuovi frontalieri nel settore terziario», lo stesso dal quale proverrebbero «quasi i due terzi dei disoccupati ticinesi».La colpa di questa situazione, «una scandalosa presa in giro», conclude la Lega, è da attribuire alla mancata applicazione per legge della cosiddetta «preferenza indigena» votata con il referendum del 9 febbraio di cinque anni fa promosso dall’Udc.

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