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Frontalieri, l’accordo del 2015 è ormai da «buttare»

«L’accordo comincia a essere vecchio. Era stato pensato nel 2010 per il 2015. Siamo quasi nel 2020». Per la prima volta negli ultimi 5 anni un importante esponente della politica svizzera – il ministro degli Esteri della Confederazione, Ignazio Cassis – dice in modo chiaro che l’intesa sulla doppia imposizione dei frontalieri firmata a Milano nel febbraio del 2015 non ha più un futuro.In una lunghissima intervista pubblicata sabato dal Corriere del Ticino Cassis spazia su molti argomenti, soffermandosi in particolare sulle conseguenze del voto per il rinnovo del Parlamento federale di Berna.Il passaggio sull’accordo siglato dagli allora ministri dell’Economia di Italia e Svizzera, Pier Carlo Padoan ed Evelyne Widmer-Schlumpf, occupa una sola delle tante risposte, ma è per il territorio comasco – ovviamente – la più interessante e significativa. Anche perché, come detto, per la prima volta da parte elvetica si ammette il sostanziale fallimento della lunga trattativa. Il cui ultimo tentativo di sblocco, portato avanti dalla Regione Lombardia e dal Canton Ticino con il beneplacito dello stesso ministero degli Esteri svizzero, non ha prodotto risultati significativi.Al giornalista che gli chiede quali siano oggi i rapporti con l’Italia e che fine farà l’accordo fiscale «parafato» da quasi cinque anni ma mai nemmeno discusso in commissione nel Parlamento italiano, Cassis risponde senza troppi giri di parole.«Francamente devo ammettere una certa impotenza. Se l’Italia non vuole, non andiamo avanti».La Svizzera, dice il ministro di Berna, ha tentato ogni possibile strada. Ma inutilmente. «Talvolta occorre parlar chiaro. Abbiamo provato di tutto: fin dalla prima visita a Roma, che aveva anche un forte carattere simbolico, perché tradizionalmente la prima visita del nuovo ministro all’estero è in Austria. La discontinuità non aiuta. E poi l’impressione è che non si vuole firmare l’accordo per ragioni di equilibri di politica interna, indipendentemente da chi è al governo. Però, siccome la speranza è l’ultima a morire – ha aggiunto Cassis – abbiamo guardato di buon occhio il tentativo del Ticino di trovare con la Lombardia un approccio alternativo, per una sorta di azione a tenaglia. Ma occorre essere realistici: l’accordo comincia a essere vecchio. Era stato pensato nel 2010 per il 2015. Siamo quasi nel 2020 e dobbiamo pensare per il 2025-2030».Come dire: quel documento di 5 anni fa è ormai inutile. Bisognerà scriverne un altro. Ricominciare insomma daccapo.

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