L’Italia ha distrutto la sua scuola. Che è da buttare e da rifare, ma non aspettiamoci che le stanze dei bottoni decidano alcunché. È perentorio il giudizio espresso dallo storico e dal 1993 autorevole firma del “Corriere della Sera” Ernesto Galli della Loggia nel suo libroL’aula vuotaedito l’anno scorso da Marsilio.Un libro che all’uscita ha scatenato dibattiti e polemiche anche virulente, e punta il dito sui mali endemici del nostro sistema scolastico: bolso, inefficiente, burocratizzato. E oggi alle prese con la pandemia a complicare ancor più le cose. Galli della Loggia lo presenta domani a Zelbio, ospite della serata inaugurale del festival “Zelbio Cult”. Un tema quantomai attuale, quello del destino della nostra scuola.«Il mio libro è una analisi spietata della scuola italiana – dice Ernesto Galli della Loggia – le cose non sono cambiate con la pandemia, oggi si parla di orari differenziati, distanziamento sociale, plexiglas. Ma nessuno pensa che prima di arrivare in aula i ragazzi viaggeranno su mezzi pubblici dove le regole sanitarie saranno ugualmente una sfida, dove si troveranno tutti pigiati. I problemi veri della scuola sono altri, e vengono da lontano».La crisi sanitaria non è una occasione per azzerare tutto e ripartire? «Siamo realisti. Non è tempo di riforme, occorre ripartire quando ci sono le crisi. Certo, sarebbe auspicabile che si cogliesse l’occasione per qualche radicale cambiamento. Ma parlare di rivoluzioni o riforme in casi simili è retorico. Per cambiare davvero ci vorrebbe una volontà politica che sulla scuola non c’è. E la causa è che non si conoscono i veri problemi della scuola, non sanno come funziona né i ministri preposti né i giornalisti che ne scrivono a vanvera. Grava sulla scuola un monte di retorica che travisa la realtà. Pensiamo ad esempio al ruolo delle famiglie, diventate il sindacato, gli avvocati dei loro figli presso la scuola: bisogna avere il coraggio di dire che la loro eccessiva presenza nella vita scolastica è una sciagura. Prendono di mira i professori ritenuti troppo severi nelle loro chat e così facendo, senza conoscere nulla né delle materie insegnate né dei problemi di gestione di una scuola, li delegittimano agli occhi dei ragazzi. Qualcosa di pericolosamente diseducativo in un contesto che è il primo banco di prova sociale fuori dal nido per i giovani».A Zelbio tutti gli incontri iniziano alle 21 e sono a ingresso libero con obbligo di prenotazione al Teatro Comunale di Zelbio, in piazza della Rimembranza.Armando Besio, classe 1957, giornalista di “Repubblica”, spiega i contenuti della tredicesima edizione che sarà in presenza e non in digitale, con otto incontri per un totale di nove ospiti. «Sono un nativo cartaceo, il digitale non mi appartiene e la dimensione colloquiale e intima del festival di Zelbio obbligava, pur nel rispetto delle norme sanitarie, a incontri con autorità del mondo culturale in presenza, abbiamo circa un’ottantina di posti nell’auditorium. Vengo a Zelbio in vacanza fin da piccolo, mia madre, che di cognome fa Schiavetti, è originaria di qui. È un posto intimo e felice, dove si può parlare di temi alti in una atmosfera familiare».
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