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«Giusto accogliere le troupe straniere. Ma no agli hotel gratis»

degli anni Novanta.E poi che successe?«Poi il progetto si è arenato perché ci avevano voluto mettere le mani in troppi. Ma siamo riusciti a costruirci una credibilità di tutto rispetto comunque». Adesso la Lombardia Film Commission, che ha portato a Como gli indiani di Tollywood, ha siglato un accordo per una filiale comasca con il Comune, come ha annunciato al “Corriere di Como” il direttore generale Alberto Contri, alla vigilia del set esotico a Como e a Bellagio. E il progetto di film commission firmato da Brunati e soci, che in origine sarebbe dovuto sfociare anche nella nascita di una Cinecittà comasca con appositi studios?«Guardiamo alla storia. I progetti ci sono e sono ancora validi – dice Daniele Brunati – Siamo dispostissimi a dialogare con la struttura milanese di Contri che, come dichiarato sul vostro giornale, preferisce non ci siano lotte intestine in un settore così strategico. Siamo ben disposti a mettere a disposizione il nostro bagaglio di conoscenze ed esperienze, culminate nei set comaschi di kolossal come Ocean’s 11 e Casino Royale». Ma? «Ma a determinate condizioni». Quali? «Vede, non è così semplice. Una film commission seria è più praticabile a parole che nei fatti. Deve essere un ente no profit, ma avere un soggetto pubblico al suo interno come garante istituzionale. Quelle serie e intelligenti non mettono solo sul piatto agevolazioni e permessi facili ma anche contributi, e devono quindi avere un portafogli, una cassaforte. E poi Contri nella vostra intervista ha evocato il tema dell’ospitalità negli alberghi gratuita da offrire alle produzioni come carta vincente per emergere su un mercato che è molto concorrenziale. Però le cose non sono così nette e facili nemmeno qui. Anzi. Il sistema della ricettività lariana – specifica ancora Brunati – non se lo può permettere. A luglio e agosto non ne parliamo: chi rinuncia a una camera per darla a una troupe, e per di più gratis? Peraltro, qui non si potrebbe bloccare un albergo per una produzione neanche a settembre: c’è il Forum Ambrosetti a Villa d’Este, c’è la Formula Uno a Monza e altro ancora. No, non se ne parla. Piuttosto, si pensi a riempire gli alberghi nella bassa stagione: come consorzio stiamo elaborando il progetto Winter Como, dove da ottobre ad aprile elaborare prezzi promozionali e incentivi che potrebbero attrarre anche le produzioni cinematografiche».E poi c’è la questione di carattere generale che riguarda il marketing territoriale.«Sì. Il mondo non ci conosce con la parola “Como”: se la digiti su Google ti saltano fuori espressioni in spagnolo dato che nell’idioma di Cervantes “como” è un avverbio di modo. La vera carta da giocare – e da digitare sul motore di ricerca per eccellenza su Internet – è “Como Lake”, inteso come brand, come marchio di fabbrica di tutto un territorio e come tale riconoscibile, perché ha punti di forza che sono evidenti. La storia di Lariowood lo conferma con i suoi grandi nomi. E poi meglio essere pratici e badare alle cose concrete: verifichiamo che il ritorno ci sia davvero. È cioè importante che qualsiasi film si giri dia concreta visibilità a chi ospita: non bastano poche immagini fugaci che rischiano di non essere percepite e cadere nel vuoto, né bastano i ringraziamenti al territorio che ha offerto le scenografie nei titoli di coda alla fine dell’opera. Occorre che lo spettatore capisca che il set si è svolto in quella determinata località e che essa sia riconoscibile».

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