«La cravatta vivrà fino a quando ci sarà chi avrà il piacere di indossarla». Il pensiero accomuna due esperti del settore, Moritz Mantero, noto imprenditore serico, ed Enzo Molteni, impegnato da 43 anni prima con la propria azienda e adesso come consulente dei figli impegnati nella stessa attività. «La cravatta ha sempre avuto una storia complessa. Tante le discussioni che si sono succedute nel tempo, tra chi, a varie riprese, ha sostenuto l’inutilità dell’accessorio e chi ne ha invece sempre rivendicato l’eleganza – spiega Molteni – Ricordo come negli anni ’60 il primo fu lo stilista Fiorucci a dire di non metterla, successivamente anche Versace disse che era finita l’era della cravatta. Insomma ha sempre avuto alti e bassi, ma continua a resistere». Purchè rimanga il «piacere nell’indossarla e non l’obbligo a portarla perchè richiesto magari in alcuni ambiti», aggiunge sempre Molteni, che fa un breve accenno anche alle difficoltà del comparto serico comasco e non solo per la «ormai nota concorrenza con la Cina. Como ha la fortuna di avere dalla sua parte la storia e gli archivi, vere ricchezze per il settore. Dai quali possiamo attingere quotidianamente per trovare nuove idee o magari per colorare di modernità “vecchie” idee. Motivo in più per cui la cravatta non tramonterà mai, anzi troverà sempre più amanti». E giusto per fare un esempio, è «curioso vedere come di recente il Giappone sia impazzito per l’accessorio cravatta. In particolare, misteri del mercato, per quella proveniente da Napoli. Fattore di per sè positivo anche per noi perchè i tessuti utilizzati provengono in larga parte da Como». Fiducioso sul futuro della cravatta anche Moritz Mantero. «Mai dimenticare che la cravatta è definita giustamente un accessorio e quindi come tale non è indispensabile. Lo diventa però quando si ha il piacere di portarla e non l’obbligo. Fattore che ha rivalutato molto la cravatta in senso qualitativo. Detto ciò, è innegabile che dopo la profonda crisi di qualche anno fa, adesso si assiste a un assestamento del comparto. I giovani – dagli universitari a chi magari debutta nel mondo del lavoro – l’hanno riscoperta proprio come segno distintivo al contrario. Prima era vista come un imposizione in certi ambiti, oggi è una peculiarità».
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