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Hockey Promolinea, amarcord di un’impresa storica 25 anni dopo

Venticinque anni fa l’Hockey Promolinea conquistò un’indimenticabile promozione in AAltri tempi. C’era ancora la Cortina di Ferro, il presidente della Repubblica era Francesco Cossiga e il Festival di Sanremo veniva vinto da Oxa e Leali con “Ti lascerò”. Il Calcio Como, dopo 5 anni in A, stava per retrocedere in B. L’Hochey Como, invece, conquistò la serie A battendo nella finalissima del torneo di B il Gardena. Una impresa storica, proprio in questi giorni, 25 anni fa. In un palazzetto di Casate che era gremito all’inverosimile, scena inimmaginabile oggi, la Promolinea

superò al termine di una epica finale il Gardena. Un’altra Como, altri tempi, appunto, che meritano di essere vissuti.«Mi ricordo che vicino a Casate era impossibile trovare posto. Anche i vigili erano in seria difficoltà. E la gente, che non ci stava in tribuna, seguiva anche le partite da bordo pista». Parole di Angelo Maiocchi, oggi apprezzato imprenditore e presidente dell’azienda di famiglia, che di quella squadra era il direttore sportivo dopo che, negli anni precedenti, ne era stato il portiere. Con l’allora dirigente l’amarcord è doveroso.Maiocchi, come era nata quella grande impresa?«La scelta dell’allenatore era caduta su Ignac Kavec. Con Alberto Berto, che era il nostro direttore organizzativo, andai a Lubiana, in quella che oggi è Slovenia, per trovare l’accordo. Si parla di 25 anni fa, ma era tutto differente: allora era Yugoslavia, e non c’erano i telefonini. Fu una impresa trovarlo a Lubiana. Oggi, nell’epoca dei navigatori satellitari e dei cellulari che fanno tutto, è una scena praticamente inimmaginabile».E con Kavec furono messe le basi della squadra.«Il primo inghippo era che lui voleva anche giocare, mentre noi eravamo contrari a questa cosa. Ma alla fine accettammo. Poi chiese come straniero al suo fianco Craig Norwich, un grande, anche se era sul finire di carriera e aveva qualche acciacco. Ma aveva forti motivazioni Entrambi erano difensori e anche questa non era una cosa usuale, visto che di solito le squadre dall’estero ingaggiavano un attaccante e un difensore».Kavec, il tecnico di quella grande squadra, è ricordato per la sua grinta.«Era un vincente, aveva una grinta pazzesca. Era la sua mentalità, in ogni cosa che faceva».Lo stesso tecnico le chiese di tornare a giocare.«È vero – ammette Maiocchi – Durante la stagione ci fu qualche problema in porta e mi arrivò questa richiesta. Venne nel mio ufficio con Norwich. Ma non ci fu ragione: non mi convinsero. Poi alla fine ogni cosa andò con il verso giusto».Altra mossa azzeccata, l’ingaggio di Emilio Iovio.«Non voleva più giocare a hockey, lavorava in Canada. Lo abbiamo convinto a tornare e la sua carriera è ripartita da Como, visto che poi ha proseguito ad alti livelli: è stato anche il capitano della nostra Nazionale».Più in generale, quella Promolinea Como 1988- 1989 è rimasta nella storia come una delle squadre mitiche della nostra città, non solo di hockey.«C’erano grandi affetto e partecipazione da parte della città – dice ancora Angelo Maiocchi – Capitava addirittura che i tifosi ci aspettassero alle 5 del mattino al rientro dalle trasferte. Un’atmosfera incredibile. E il nostro era un bel gruppo sotto ogni profilo, a partire dalla dirigenza, capitanata dal presidente Arturo Giglioni, con uno sponsor come il compianto Vittorio Nave, che era prima di tutto un tifoso. E ovviamente c’erano giocatori, staff medico e tecnico. Un mix di cose positive».Qualche aneddoto che le viene in mente?«Non posso dimenticare la mega rissa di Ortisei in una delle gare di finale con il Gardena, nei minuti finali. Ci toccò mettere in campo molta diplomazia: con gli arbitri che non volevano far riprendere il match e, al termine, per non far mettere nel referto dei cattivi i giocatori più forti delle due squadre, per evitare squalifiche. Poi dovetti anche andare a trattare con i carabinieri, perché il nostro Carmine Vani, per difendere un compagno di squadra, aveva fatto volare due militari come si vede nei film di Bud Spencer. Riuscii a non farlo arrestare».Come abbiamo detto, erano anni differenti da quelli di oggi. Altre persone, altra città.«Era il periodo della “Milano da bere”, c’erano più entusiasmo in tutto, più euforia. Era una fase di crescita. Guardavamo al futuro con un ottimismo che abbiamo perso. Andava meglio di oggi».Il finale della storia di quella Promolinea promossa non è però positivo.«L’anno dopo rinunciammo alla serie A – conclude Maiocchi – Non trovammo sponsor sufficienti a garantire la disputa del campionato e senza le necessarie garanzie rinunciammo alla promozione. La società fu venduta a Mediolanum Sport, in pratica Silvio Berlusconi, che iscrisse Milano in A e il Como in B. Il dispiacere fu grande, ma non potevamo fare altrimenti».

Massimo Moscardi

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