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HOTEL, LA BUROCRAZIA UCCIDE I PROGETTI

Gli albergatori: «Non siamo competitivi»Un destino ormai segnato che sembra condurre inesorabilmente all’oblio. È questo il rischio concreto per alcuni alberghi, ormai in avanzato stato di abbandono, capaci in passato di trasformare il lago di Como in una meta ambita e sognata dai turisti di tutto il mondo. Il riferimento è al Grande Bretagne di Bellagio o all’hotel Milano di Brunate.Edifici maestosi, saloni da ballo imponenti, lusso e sfarzo in grado di ammaliare la nobiltà italiana così come i grandi viaggiatori stranieri

. Di tutto ciò oggi non rimane che un vago ricordo. Vetri rotti, cumuli di sporcizia e infiltrazioni d’acqua stanno ormai minando le fondamenta di questi colossi, nascondendo al tempo stesso le volte affrescate delle stanze, la ricercatezza dei dettagli e i segni di un’epoca antica. E sembra sempre più difficile ipotizzare una loro rinascita.«Progettare il recupero di un vecchio albergo dal passato glorioso? Investire capitali per riaprire uno di questi hotel? Sarebbe una vera e propria missione di fede».Le parole sono di Andrea Camesasca, vicepresidente degli albergatori lariani. «Sono operazioni che generano una montagna invalicabile di carta e di relativi adempimenti. La burocrazia collegata a opere di questa natura scoraggerebbe chiunque -spiega Camesasca – Purtroppo la verità è che non siamo competitivi». Parole dure. «Un ipotetico imprenditore, anche avendo i capitali a disposizione, dopo aver visto l’iter che lo attende, scapperebbe a gambe levate – aggiunge il vicepresidente – Basta vedere, ad esempio, quanti sono gli investitori esteri che aprono alberghi sul lago. Pochissimi. Ci sarà un motivo».Altro nodo cruciale: le spese mastodontiche per ristrutturare simili edifici.«In molti casi lo stato di abbandono è tale per cui sarebbe meglio abbattere tutto e ricostruire da zero – spiega Andrea Camesasca – Sempre più spesso ci sono vincoli architettonici da rispettare e interventi di bonifica su materiali che un tempo magari si utilizzavano mentre oggi non più e che comportano costi elevati».Un esempio è l’hotel Milano di Brunate. Una struttura che costerebbe alcuni milioni di euro ma che per essere rimessa in sesto ne richiederebbe almeno il doppio.Nessuna speranza, dunque?«Si dovrebbe riflettere insieme alle istituzioni. Puntare a ottenere incentivi europei. Ma, a prescindere dalla riapertura di questi alberghi, ci si dovrebbe impegnare almeno a mantenerli, seppur chiusi, in condizioni decenti. Non bisognerebbe avere edifici fatiscenti nel centro delle città».Si tratta di un problema ben conosciuto anche negli uffici di Villa Saporiti. «Ovviamente noi siamo sempre molto attenti a questa realtà – interviene l’assessore provinciale al Turismo, Patrizio Tambini – E laddove fosse possibile intervenire, saremmo i primi a farci avanti. Soprattutto qualora fossero gli stessi comuni interessati a ritenere utile un nostro coinvolgimento. Nella maggior parte dei casi si tratta di vecchi alberghi di proprietà privata e quindi andrebbe analizzato con cura il margine di operatività».Infine arriva anche un invito. «Le amministrazioni coinvolte potrebbero intanto inviarci un elenco delle situazioni esistenti e anche la destinazione d’uso, in base ai rispettivi Pgt, degli immobili. Creare una sorta di documento di sintesi così da poter poi studiare nel dettaglio i singoli casi», conclude l’assessore Tambini.

Fabrizio Barabesi

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