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I ragazzini iniziano a bere a undici anni. Non sanno che il coma etilico è in agguato

Un ragazzino su due a 13 anni ammette di consumare saltuariamente alcolici, uno su dieci dichiara di farlo abitualmente.«A questa età il rischio è altissimo, ma gli adolescenti sottovalutano il pericolo e non si rendono conto di quello che potrebbe accadere. Il ruolo degli adulti è fondamentale».L’accorato appello è di Raffaela Olandese, responsabile dell’unità operativa dipendenze dell’Asl di Como. I dati che l’esperta ha sottomano sono inquietanti. «I ragazzini iniziano

a bere a 11 anni – dice – A 13, il 43% dichiara di alzare saltuariamente il gomito, il 9% addirittura di farlo regolarmente. Fino a 16 anni, il fegato non è in grado di metabolizzare l’alcol e i rischi di intossicazione acuta sono altissimi. Senza dimenticare le conseguenze sugli altri organi, cervello compreso».L’episodio di lunedì scorso, con una tredicenne ricoverata al Valduce per intossicazione etilica, non è purtroppo isolato.«L’età di avvicinamento all’alcol è sempre più bassa – sottolinea Raffaela Olandese – Nella fascia preadolescenziale o adolescenziale, l’organismo nella maggior parte dei casi ha ancora la struttura organica di un bambino, i rischi sono enormi. Tra l’altro, succede che, se un ragazzo si sente male, i coetanei non se ne rendono neppure conto e non chiedono aiuto, oppure si spaventano e lasciano sola la persona che sta male. Soccorsi inadeguati o in ritardo possono davvero creare situazioni pericolose».«Tutte le sostanze – continua l’esperta dell’Asl – interferiscono sullo sviluppo di organi delicati, dal cuore al cervello, incidendo anche sui livelli cognitivi. Il ruolo degli adulti è fondamentale. I giovani tendono a sottovalutare i rischi che corrono, sia per la salute sia a livello legale. Li prendono con leggerezza. Tocca all’adulto intervenire. Non deve mai passare l’idea che questi episodi rientrino nella normalità. Non è vero che è normale e neppure che tutti i giovani si comportano allo stesso modo. Su questo punto è fondamentale lavorare».Al Valduce, come rivelato dopo il caso di lunedì scorso, i sanitari hanno spiegato che «non passa settimana senza che un minorenne finisca in ospedale per intossicazione etilica». Una situazione confermata dal primario di pediatria di un altro ospedale, il Sant’Anna.«I ricoveri veri e propri, che riguardano solo i casi più gravi, sono circa uno al mese – precisa Riccardo Longhi – Gli accessi al pronto soccorso pediatrico, però, sono decisamente più numerosi. Di solito l’età più critica è quella dai 16 ai 18 anni, ma vediamo anche ragazzini di età inferiore. E se fino a qualche tempo fa si trattava quasi esclusivamente di maschi, ora il problema riguarda anche le femmine. Il tasso alcolico che riscontriamo arriva a essere anche dieci volte superiore al limite considerato tollerabile per chi si mette alla guida, pari a 0,5 milligrammi di alcol per litro di sangue».Gli ospedali sono tenuti in tutti i casi a informare le famiglie. «Qualora ci sia il sospetto che si tratti di giovani che vivono un disagio grave, spesso li tratteniamo in ospedale per approfondire meglio la situazione – dice Longhi – Diversamente, quando è chiaro che si tratta di una sciocchezza occasionale, se non ci sono rischi gravi per la salute riaffidiamo i ragazzini ai genitori. È importante che tutti si rendano conto dei rischi che corrono, soprattutto sotto i 16 anni, quando il fegato non è ancora in grado di metabolizzare gli alcolici. Il rischio più grave è il coma etilico, con i danni conseguenti».

Anna Campaniello

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