La rabbia di chi ci abitaBrienno è un paese triste. Gli abitanti sono amareggiati e delusi. Tutti speravano, vista la grande mobilitazione dei giorni successivi alla frana, di vedere interventi in tempi rapidi. Ad oggi, però, lo scenario è sempre uguale.«Siamo allo stesso punto di un anno fa – dice Sergio Comitti – forse anche peggio. Il morale di tutti è a terra».La paura, insomma, è di essere abbandonati. Il sindaco ha rassicurato su questo aspetto, spiegando che i fondi sono stati stanziatie che a settembre partiranno i primi interventi. Ad oggi, spiegano in molti, quello che è stato fatto è frutto dei singoli cittadini e del Comitato di Soccorso che, fin dalle prime ore dopo la tragedia, si è attivato per tornare in tempi brevi alla normalità. Tra i briennesi regna l’amarezza, anche perché alcuni hanno perso la casa e sono stati costretti a trasferirsi.Francesca Canzani è tra loro: la sua abitazione è diventata simbolo della frana, perché è stata squarciata dalla potenza del fiume di fango e detriti, proprio nel centro del paese.«Mia sorella è stata costretta a trasferirsi in una casa in affitto – racconta il fratello, Abbondio Canzani – siamo amareggiati e, oltre al danno, c’è anche la beffa. In una lettera ci avvisano che, essendo proprietaria dell’immobile, deve provvedere all’abbattimento dell’abitazione a sue spese. Mi sembra assurdo. I pochi soldi che sono arrivati fino ad oggi sono di privati».Accanto all’immobile della signora Canzani, il sindaco ha voluto un’automobile accartocciata, recuperata dopo l’alluvione. L’auto, spazzata via dalla furia dell’acqua, resterà un emblema di quelle drammatiche ore.L’arrivo dei finanziamenti e l’inizio dei lavori preoccupano gli abitanti e in molti hanno deciso di fare da soli, a spese proprie. In particolare chi, a Brienno, ha un’attività e, seppur tra mille difficoltà, è riuscito a risollevarsi. Un anno fa, la frana ha spazzato via anche parte dell’immobile dove ha sede la falegnameria Ortelli.«Siamo stati fermi per circa quattro mesi – spiega Gianluca Ortelli che assieme al padre Armando, da anni porta avanti l’attività – poi, grazie ai privati, abbiamo sistemato i motori di alcune macchine: anche le imprese ci hanno dato fiducia. Abbiamo ripreso ma, da un anno, non esistono sabati o domeniche, sono distrutto e inizio a sentire la fatica».Gianluca ha due figli piccoli e deve garantire loro un futuro. «Noi ci sentiamo abbandonati, nessuno si è più fatto vivo – conclude – Dopo un anno è venuta l’Anas per sistemare un muro, hanno messo un new jersey in attesa di decidere come procedere».
Francesca Guido
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