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«Il “Carducci” fu un’opera eccezionale per Como»

L’autoritratto – «Avevo paura di Buffalo Bill, venuto a Como con il suo circo», ricordò in una intervista«Ricordo l’esposizione di Milano del 1906. Mi misero sulla mano un po’ di zucchero da dare a un elefante. Non avevo paura. Ne avevo di Buffalo Bill, venuto a Como con il suo circo». Questa, in una delle ultime interviste rilasciate al “Corriere di Como”, era Carla Porta Musa: una messe di ricordi folgorante, vividissima nella memoria, scolpita nel cuore. Soprattutto quando rievocava l’istituto di cultura “Carducci”, fondato dal padre Enrico Musa, cui si deve anche l’esposizione voltianadi Como di cui fu segretario generale. «Ho avuto un padre eccezionale – ricordava -A 14 anni ero già in collegio, a Losanna, subito a contatto con mentalità e abitudini diverse. Lì ho imparato a dire sempre la verità. Poi fui mandata a studiare anche in Inghilterra e in Francia. Quando tornai, papà mi chiese cosa volevo fare. Risposi che volevo imparare l’italiano e fu così che lo scrittore comasco Carlo Linati venne da me ogni lunedì. Il “Carducci” fu un’opera straordinaria in una città che all’epoca aveva 28mila abitanti. Il giorno dell’inaugurazione c’erano 1.500 persone. A tavola eravamo in 27. E c’erano 14 Premi Nobel. Accanto a me c’era un russo. Ero stupita che parlasse. Pensavo che i russi fossero riservatissimi».Un’intervista, quella rilasciata al “Corriere di Como”, che è anche il ritratto di un’esistenza: «Ho avuto una vita bellissima, genitori meravigliosi. Siamo cresciuti in un ambiente generoso verso gli altri. Mamma era metà panamense e metà ticinese. Le amiche venivano a trovarla e lei preparava i fiori per loro. Io obiettavo che si usava il contrario. Lei replicava: a Panama si fa così. Venivano i poveri del Borgovico e ricevevano di tutto. La vicina farmacia ci inviò un conto di 50mila lire. Mio nonno Pompeo Musa, Cavaliere del Lavoro, a Natale invitava a colazione gli spazzacamini di Como».Amore per Como e i comaschi, soprattutto se è il caso di bacchettarli: «Il loro spirito di fondo è la diffidenza. Il comasco ha sempre paura di essere imbrogliato e questo è anche il suo peggior difetto».

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