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Il lavoro delle donne nel Canturino

(ka.t.c.) Le prime manifestazioni di lavoro accentrato negli opifici del Canturino sono legate allo sviluppo serico che, a partire dai primi anni del XIX secolo, creò le condizioni per la localizzazione di filande e torcitoi. “Il lavoro nel Canturino dall’età Napoleonica a fine Novecento” di Tiziano Casartelli (Lyasis Edizioni) indaga la nascita e lo sviluppo di quei sistemi produttivi, avviando un’interessante indagine anche del mondo del lavoro minorile e femminile. Questo primo volume, attraverso immagini efficaci e di alta valenza estetica oltre che documentaristica, con prospetti tecnici e una notevole massa di dati, getta luce sull’attività manifatturiera nel Canturino tra l’Età Napoleonica e la fine del XIX secolo.

Il lavoro femminile si inserisce in questo quadro variegato. Le donne ritratte sono intente a ricamare in luoghi protetti e silenziosi. Ma le si vede anche nelle rumorose filande: chine sopra il telaio non sollevano lo sguardo neppure per incontrare, forse per l’unica volta, l’obiettivo del fotografo. Numerosi i bambini, i cosiddetti “garzoni”, coi loro musetti che già hanno il piglio degli adulti.«Molto bene ha fatto Tiziano Casartelli – scrive Fabio Cani nella presentazione al volume – nel riunire a questi capitoli che parlano di seta, di mobili, di merletti e di chiodi anche quelli che parlano di scuola, di emigrazione e di mutuo soccorso». Citando Benedetto Croce, Casartelli (che è architetto e studioso di storia del paesaggio) sottolinea come la storiografia debba sempre “muoversi nei particolari” e dunque anche la storia del lavoro nel Canturino, scrive, «rappresenta un osservatorio privilegiato e imprescindibile per la ricostruzione degli aspetti più significativi della storia dell’economia, della politica e della società italiana».L’ottavo capitolo del volume è dedicato al lavoro delle donne. Nell’industria tessile del Comasco, e in special modo in quella serica, l’incidenza della manodopera femminile arrivava a superare il 70% nel 1871 e a sfiorare l’85% nel 1903.Le giovani lavoravano ai filatoi o in filanda fino al matrimonio. Si dedicavano poi alla famiglia e tornavano nei campi appena dopo la nascita dei figli. L’articolo 6 della Legge 242 del 1902 prevedeva che le puerpere riprendessero il lavoro soltanto allo scadere di un mese dal parto. Attività solo femminile, il merletto era certo meno gravoso, anche se già all’età di 5-6 anni, le bambine erano avviate a lunghi tirocini. Un’indagine del 1903 rileva come, a Cantù, le scuole di merletto radunavano in una stanza fino a 50 ragazze tra i 5 e i 10 anni per un totale di 10-11 ore di lavoro giornaliere.Poche le eccezioni, come quella di Francesco Somaini che, ai primi del Novecento, si preoccupa di costruire una casa-convitto per le giovani operaie assicurando loro un ambiente più sano e più sicuro.

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