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Il poeta milanese che amava il Canton Ticino

Pubblicate una cinquantina di «prose sparse» di Delio Tessa(da.c.) In vita pubblicò un solo libro, L’è el dì di mort, alégher!, edito nel 1932 da Mondadori.Ma dopo la guerra, nei primi anni ’50 del Novecento, fu riconosciuta alla sua opera valore letterario. Il Comune di Milano ne traslò la salma al Famedio, collocandola accanto alla tomba di Alessandro Manzoni. E la critica ne mise in risalto l’anima popolare: incisiva, viva, autentica.

Delio Tessa è considerato oggi uno dei grandi poeti dialettali del secolo breve. Ma da qualche annoè stato “riscoperto” anche come saggista e acuto osservatore della società del suo tempo. L’editore ticinese Giampiero Casagrande ha dato alle stampe, in questi giorni, un’antologia di articoli e interventi pubblicati da Tessa su periodici lombardi e luganesi. Il volume è stato curato da Mauro Novelli che ha firmato anche la parte introduttiva e redatto il largo e completo apparato di annotazioni (La rava e la fava, 50 prose disperse, pagine 274, euro 20).

Lo strano titolo, spiega Novelli, «è stato scelto in omaggio alla dicitura sotto la quale comparve, nel giugno del 1936, il primo contributo di Tessa all’Ambrosiano».I testi sono suddivisi in cinque sezioni, la più interessante delle quali è probabilmente quella dedicata al cinema.«Arte, non arte? C’è ancora della gente che ce l’ha cogli schermi e colle macchine da presa», scrive il poeta milanese promuovendo senza alcuna riserva l’estetica del film. «I nomi di King Vidor, di Dupont e di René Clair sono un fatto – sottolinea Tessa – e conviene arrenderci alla realtà».Il libro di «prose sparse» recuperate da Novelli assume oggi anche connotazioni politiche. In un momento storico difficilissimo per i rapporti tra Lombardia e Ticino, gli articoli di Tessa richiamano l’attenzione su una tradizione (perduta) di collaborazione e di scambio culturale tra l’intellighenzia ambrosiana e quella del Cantone di lingua italiana. «Prima della guerra, Lugano e il suo lago formavano un tutto inseparabile coi suoi due laghi fratelli, di Como e Maggiore, uniti ad essi dalle due vecchie ferroviette di Luino e Menaggio. I ticinesi si sentivano a casa loro in Italia e gli italiani qui», scriveva il poeta milanese. Aggiungendo poi: «Questo spirito di intesa e di pace che ha favorito l’affratellamento in tempi sereni rende ora possibile e anche agevole la buona convivenza».

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