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Il presidente di Coldiretti: «Da tempo denunciamo il problema dei cinghiali»

Cinghiali che passeggiano tranquillamente in città nelle prime ore del mattino, selvatici che invadono persino i cimiteri, mangiando i fiori destinati ai nostri cari. «Leggendo la cronaca delle ultime 48 ore nelle province di Como e Lecco c’è da restare increduli, invece è tutto vero e documentato. Siamo di fronte a un vero allarme sociale e di sicurezza, oltreché economico per quanto riguarda le imprese, che continuano a essere invase da un capo all’altro delle due province». Fortunato Trezzi, presidente di Coldiretti Como-Lecco, interviene ancora una volta sulla questione dei cinghiali sul Lario.«Da anni denunciamo un problema che continua a crescere a dismisura, e continueremo a farlo – aggiunge Trezzi – I cinghiali sono animali molto prolifici e non hanno antagonisti naturali, va da sé che riproducendosi continuamente, il numero dei capi aumenta di anno in anno in maniera esponenziale. Lo stesso dicasi per cervi e caprioli».I danni provocati nelle due province lo scorso anno sono stati stimati in 350 mila euro, cifra destinata a crescere ulteriormente quest’anno, considerato il maggiore numero di episodi di danneggiamento.«Le imprese agricole sono esasperate e hanno ragione. I cittadini e gli automobilisti hanno paura. Oggi, un poco piacevole incontro ravvicinato con un cinghiale non è più un’ipotesi remota nemmeno entro i confini urbani della città di Como», dice sempre Fortunato Trezzi.Coldiretti invita imprese e cittadini a segnalare la presenza degli ungulati e rimarca, attraverso il direttore Giovanni Luigi Cremonesi, la «massima allerta su un tema rispetto al quale non intendiamo in nessun modo abbassare la guardia: per questo appoggiamo la richiesta del Comprensorio Alpino Prealpi Comasche che ha chiesto una deroga al piano di abbattimento, in particolare per il numero di capi maschi abbattibili ormai prossimo a essere raggiunto. Rimarchiamo anzi che, a fronte di una situazione di tale emergenza, porre limiti numerici rischia al contrario di porre un notevole freno all’attività di prelievo, in quanto il prelievo stesso di eventuali capi fuori piano (dettato anche dalla difficoltà di identificare il sesso dei capi nelle ore notturne, ove si concentrano le invasioni, ndr) provocherebbe l’applicazione di pene amministrative».«Nonostante i prelievi di capi le invasioni nei campi non si fermano e nemmeno regrediscono, e ciò vale per l’intero territorio interprovinciale comasco e lecchese: anche per questo ribadiamo la necessita di azioni ancor più incisive e l’urgenza di un nuovo censimento», conclude Trezzi.

Redazione

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