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Il superministro voluto da Monti: «L’Italia ce la farà»

A Corrado Passera affidate le deleghe allo Sviluppo e alle Infrastrutture e TrasportiLo hanno ribattezzato superministro. «No – si è schermito – lavoriamo tutti insieme». Sono le prime parole pronunciate da Corrado Passera ai microfoni di radio e tv dopo la cerimonia di giuramento del governo Monti al Quirinale. Un segnale di understatement e, forse, un modo per affrontare al meglio responsabilità che appaiono subito molto pesanti. Nell’esecutivo tecnico che dovrebbe portare l’Italia fuori dalle secche della crisi, il comasco Corrado Passera svolgerà infatti un ruolo

determinante. Un ruolo sottolineato dallo stesso presidente Mario Monti, il quale dopo aver letto la lista dei ministri ha rimarcato la decisione di unificare le deleghe allo Sviluppo e alle Infrastrutture e Trasporti (annunciando peraltro la successiva nomina di un viceministro).«Le parole d’ordine del ministero allo Sviluppo e Infrastrutture sono sviluppo sostenibile e posti di lavoro», ha detto ancora Passera. Aggiungendo subito dopo: «L’Italia ce la farà, assolutamente. Sono certo che possiamo convincere i mercati con piani chiari, azioni concrete e coordinate. L’Europa si aspetta tutto questo da noi. Ce la faremo. L’Italia è più di quello che i mercati hanno pensato».E a chi chiedeva quale fosse il suo stato d’animo subito dopo il giuramento e se non si sentisse schiacciato dal peso delle attese riposte sul suo lavoro futuro, Passera ha risposto con una frase un po’ criptica: «Tutto è difficile, tutto è semplice».Più chiara, invece, la nostalgia per il decennio trascorso alla guida prima di Banca Intesa e poi del colosso nato dalla fusione con San Paolo Imi. «Lasciare Banca Intesa è stata certamente la cosa più difficile, dieci anni come quelli che abbiamo vissuto non si riescono a chiudere in un giorno». Fin qui le sensazioni e le risposte a caldo. Ma chi è veramente Corrado Passera? Sicuramente un uomo con capacità politiche (e non soltanto tecniche) sorprendenti. Alla domanda – insidiosa – sul ponte di Messina («Lo farete o no?», gli hanno chiesto i cronisti al Quirinale) Passera ha risposto: «È troppo presto per dirlo». Né sì, né no. E nemmeno “ni”. Un’affermazione che lascia aperta ogni possibilità. Intervistato da Bloomberg Tv, lo scorso 2 novembre, l’ex amministratore delegato di Banca Intesa non aveva nascosto un certo interesse per la politica, pur senza esprimersi in modo diretto. «Serve una discontinuità nella leadership del Paese – aveva detto Passera esprimendo comunque un duro giudizio sull’esecutivo di centrodestra – Non so se questo governo possa garantirla, ma è sicuro che rispetto ai conti pubblici sono necessari un’altra forza e un altro impegno». Forza e impegno che adesso dovrà profondere in prima persona.Certo è che Passera si troverà a gestire il problema del rapporto tra sviluppo e credito dalla parte opposta del tavolo.Due anni fa, nel settembre 2009, al G-20 di Londra il ministro Giulio Tremonti aveva affondato il colpo. «Abbiamo un’economia fatta di piccole e medie imprese e un eccesso di concentrazione in banche che hanno una dimensione industriale e vedono troppo poco il territorio, le famiglie, gli imprenditori e le persone. Questo è un altro punto che va risolto. Questa dimensione – aveva aggiunto Tremonti – non sempre si adatta alle dimensioni della nostra economia e alle piccole e medie imprese». Allora Passera rispose al ministro difendendo le banche italiane dall’accusa di guardare troppo poco al territorio. «Il sistema bancario italiano – disse – è tra quelli che più sono stati vicini all’economia e alla società». Ora, a parti invertite, si vedrà se le idee sono rimaste le stesse.Di certo, a 57 anni (li compirà tra un mese) e dopo aver guidato imprese editoriali (Gruppo Espresso e Mondadori), imprese di Stato (le Poste, privatizzate sotto la sua direzione) e un colosso bancario quale Intesa-Sanpaolo, la seconda banca italiana, l’ex bocconiano è ora chiamato alla sfida più complessa. Dovrà infatti misurarsi con una situazione economica drammatica e con un sistema decisionale diverso da quello cui è abituato. In politica, anche con i governi tecnici, comanda il Parlamento. Votano deputati e senatori. E con loro i partiti.

Dario Campione

Redazione

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