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Innovatore e vulcanico: ricordo di patron Vincenzo Torriani. La sua scomparsa il 24 aprile del 1996

Un personaggio che aveva uno stretto legame con Como e il suo territorio; quando cercava momenti di tranquillità, infatti veniva a riposarsi a Canzo. Era molto legato al Ghisallo e al suo Santuario; tra le sue scelte più famose, quella di far passare il Giro di Lombardia dal Muro di Sormano. Si parla di Vincenzo Torriani, storico promoter del Giro d’Italia e delle più importanti gare ciclistiche del nostro Paese, organizzate dalla “Gazzetta dello Sport” e da “Rcs Sport”, scomparso a Milano il 24 aprile del 1996. Ieri molti appassionati di ciclismo non hanno dimenticato l’anniversario e hanno avuto un pensiero per quello che è stato un grande personaggio del ciclismo e dello sport del nostro Paese.A lui il figlio Gianni ha dedicato il libro “L’ultimo patron – Una vita per il Giro” (Ancora editore, 176 pagine, 19 euro), in cui non mancano molti riferimenti a Torriani e al nostro territorio.Un’opera che ha in copertina l’immagine più famosa di Torriani, l’uomo che viveva le tappe del Giro fuori dal tettuccio dell’ammiraglia.Si ricordano le sue scelte più importanti, le decisioni più difficili e anche le delusioni. E ovviamente impossibile non parlare del suo essere vulcanico: tra le immagini più belle pubblicate, quella in cui, con una carriola, il patron della “Corsa rosa” va a togliere i sassi dal Passo San Marco dopo una frana. L’Anas aveva detto che la strada era impraticabile. Lui non si fece problemi e iniziò a pulirla da solo.Torriani fu l’uomo delle missioni che sembravano impossibili, come fare arrivare nel 1978 una tappa del Giro d’Italia in piazza San Marco, con passerelle di legno sui ponti per consentire il transito dei corridori.Tante foto corredano il testo in cui, come detto, non mancano riferimenti comaschi. E si scopre anche che, durante dei lavori casalinghi a Canzo, proprio nel paese del Triangolo Lariano Torriani rischiò di perdere la vita. Nel libro si racconta che dopo aver mangiato decise di finire un lavoro di pittura in cantina, solo che svenne per un mix tra il fumo del suo sigaro e le esalazioni delle pitture.Sempre a Canzo, da personaggi locali venne a sapere dell’esistenza di una mulattiera che, dopo che fu ripulita, diventò famosa come Muro di Sormano, una volta inserita nel Giro di Lombardia. Un progetto che aveva portato avanti con l’allora sindaco e con il grande Fiorenzo Magni. L’uomo che in tempi recenti si è battuto per fare edificare il Museo del Ciclismo del Ghisallo, un progetto che a Torriani sarebbe sicuramente piaciuto.Perché lo storico patron era molto devoto al Santuario del Ghisallo e alla Madonna protettrice dei ciclisti, ma non amava mischiare sacro e profano. Non amava i cimeli all’interno della chiesetta e la cosa era motivo di scontro con don Ermelindo Viganò, l’allora rettore del Santuario. I due erano molto amici, si stimavano, ma avevano due caratteri per così dire “fumantini”.Proprio al Ghisallo c’è una lapide che ricorda Vincenzo Torriani, con il testo scritto da Sergio Zavoli. Alla Colma di Sormano c’è un monumento che ricorda la sua “pazza” idea di far passare dal Muro il Giro di Lombardia. I suoi figli ogni anno organizzano il Premio Vincenzo Torriani, solitamente ospitato in città in contemporanea al Giro di Lombardia. Lo scorso anno ricevettero il riconoscimento Faustino Coppi, Letizia Paternoster, Auro Bulbarelli. Tra i grandi nomi del passato vi sono i corridori Miguel Indurain, Giuseppe Saronni, Paolo Bettini, Gianni Bugno, Eddy Merckx, Bernard Hinault, Alfredo Martini, Alberto Contador, Vincenzo Nibali, Franco Ballerini ed Elia Viviani. Tra i giornalisti figurano Candido Cannavò, Mario Ferretti, Beppe Conti, Gian Paolo Ormezzano, Ferruccio Dardanello, Marco Pastonesi, Aldo Grasso e Gianni Mura, recentemente scomparso.Altri personaggi saliti sul palco: Mauro Vegni, Pupi e Antonio Avati, Francesco Guidolin, Giorgio Squinzi, Matteo Marzotto, Ernesto Colnago, Paolo Sorbini, Pietro Garinei, Alfredo Ambrosetti e Pietro Ferrero.Un personaggio, Vincenzo Torriani, che ha fatto molto per lo sviluppo del ciclismo del nostro Paese, che ha vissuto a Milano e, come spiegato, era molto legato anche al Lario. Sorprende che nel capoluogo lombardo non gli sia stata ancora dedicata una via. Potrebbe essere uno spunto per il Comasco nel ricordo di un personaggio che ha contribuito a far assurgere a miti delle semplici salite del nostro territorio, ora nel cuore di tutti gli appassionati dello sport del pedale.

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