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Innovazione tecnologica ed economia digitale, punti nodali del futuro della cooperazione

Uscire dalla «immagine di marginalità» che tuttora la cooperazione italiana «sconta» per ragioni diverse. Ma, soprattutto, lanciarsi con coraggio verso il futuro, agganciandosi senza timori ai vagoni dell’innovazione tecnologica e dell’economia digitale.Mauro Frangi, presidente di Confcooperative Insubria, ha chiuso venerdì idealmente i primi 100 anni di vita dell’associazione che dirige ragionando soprattutto su ciò che accadrà. Rifiutando lo sguardo nostalgico verso un passato pure ricco di storia e di successi. E riaffermando la consapevolezza che «una grande propensione all’innovazione è l’unica strada di cui disponiamo se davvero si vuole vincere la sfida della promozione e della diffusione del modello cooperativo tra le giovani generazioni».A Lomazzo, nell’auditorium di ComoNext, Confcooperative Insubria ha riunito la sua assemblea generale, l’ultima prima del rinnovo delle cariche direttive previsto per la prossima primavera.Prima di premiare le 27 cooperative centenarie aderenti all’unione territoriale di Como e Varese, in una lunga relazione divisa in due parti Frangi ha gettato uno sguardo d’insieme su una società – quella italiana di oggi – in cui «tra la realtà e la sua “narrazione” c’è un fossato ideologico e propagandistico dentro il quale si sta perdendo il senso dell’essere umani prima ancora che quello dell’essere comunità. E che alimenta insieme all’incertezza la rabbia e il rancore. Porta benzina al motore di chi sul rancore fonda la crescita dei propri consensi politici. Dissolve la convivenza e la coesione sociale». Dentro questa società, le cooperative «devono sempre più pensarsi come “piattaforme di collaborazione”, aperte e capaci di includere più portatori di interesse per “reinventare il mutualismo”. L’originalità cooperativa – ha detto ancora Frangi – sta nella sua capacità di re- inventarsi, modificando la propria funzione in sintonia con il movimento della realtà».Ecco perché «non basta difendere i risultati ottenuti nel passato», pure molto lusinghieri. Occorre piuttosto essere capaci di adattare il modello della cooperazione – un modello organizzativo, di funzionamento e di governo – ai contesti e delle necessità. Per il presidente di Confcooperative Insubria «saper innovare forme e modelli organizzativi secolari è una sfida che non deve spaventare. È la stessa sfida che abbiamo praticato con successo in passato. Da ultimo, quando abbiamo saputo estendere il mutualismo dalla dimensione interna del mero scambio tra soci alla cura dell’interesse generale della comunità, inventando la cooperazione sociale».La cooperazione, il sistema di mutua assistenza – quello, per dirla con le parole di Papa Francesco, capace di «scoperchiare il tetto di un’economia che rischia di produrre beni a costo di ingiustizie sociali» – ha perciò un futuro.«L’economia della conoscenza e la società della digitalizzazione – ha detto Frangi – non possono ridursi, infatti, alle mere logiche di efficientamento e di massimizzazione del profitto, in cui vincono solo i grandi giganti della Rete. I capitali di conoscenza – dati, informazioni, innovazioni – crescono solo se si condividono, se si diffondono. Se ci si limita ad accumularli in una decina di punti del pianeta, come, purtroppo sta avvenendo, finisce come con il denaro. Si trasformano da mezzo a valore in sé. Accumulato e concentrato solo nelle mani di pochi».Ma qualcosa è cambiato. Soprattutto nelle giovani generazioni. «L’innovazione è sempre più vista come un processo partecipativo, orizzontale, focalizzato non più sull’impresa ma sull’utilizzatore finale. Un processo che sceglie i propri obiettivi con un orizzonte strategico di lungo periodo e che fa leva sulla messa in comune delle risorse, prima ancora che sulla competizione».

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