Insulti e oscenità, ecco i graffitari dell’Impero romano

Gli antichi romani erano come noi. D’accordo, l’età media era minore, non conoscevano la democrazia diretta e non avevano i social, ma abbondavano in latrine, postriboli e altri luoghi a ben vedere analoghi sulle cui pareti lasciare evidenze del proprio passaggio terreno, e cioè graffiti con pensieri, inviti, insulti e oscenità assortite, in parole e segni. E senza consumare corrente e nemmeno giga.Ne dà conto un libro prezioso quanto irresistibile, naturalmente vietato agli immaturi e consigliabile a chiunque abbia a cuore le radici, dal titoloOltre Pompei. Graffiti e altre iscrizioni oscene dall’Impero Romano d’Occidentepubblicato da Deinotera Editrice. Il volume, primo della collezione “The seeds of Triptolemus”, si deve a due agguerriti latinisti esperti di epigrafia come Stefano Rocchi, docente di Filologia classica e ricezione dell’antico all’Università di Pavia, che sta lavorando a numerose iniziative per il bimillenario del comasco Plinio il Vecchio, e Roberta Marchionni, che a Monaco di Baviera lavora al Thesaurus Linguae Latinae. Si va come dice il titolo “Oltre Pompei” perché l’eruzione del 79 dopo Cristo in cui ebbe la peggio l’erudito comasco autore della Naturalis Historia Plinio il Vecchio fu naturalmente la madre di tutte le raccolte di iscrizioni parietali. Ma come documenta il libro erano diffusissime in tutto l’impero d’occidente. I cui muri erano una grande bacheca fisica e non virtuale dove i graffitari dell’epoca potevano sbizzarrirsi. Il libro edito da Deinotera ne è un sapidissimo assaggio, un viaggio tra Italia, Ungheria, Spagna e Francia, tra latrine, terme, case private e santuari a caccia del lessico osceno in voga all’epoca del nostro Plinio (ed epoche limitrofe) raccontato con criteri filologici di assoluta scientificità ma al tempo stesso capace come un romanzo di illustrarci e raccontarci la commedia umana dei tanti antenati che non mancavano di dire peste e corna di avversari e rimarcare le proprie preferenze sessuali su una parete. Non manca un oscenissimo graffito licenzioso della vicina Svizzera, scoperto a Vidonissa, l’attuale Brugg (Aargau).