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Jonathan Bazzi, dallo Strega a Como

Approda domani a Como il 35enne Jonathan Bazzi, autore del romanzo autobiografico “Febbre” giunto nella sestina dei finalisti allo Strega. Un libro forte specie se letto in tempi di pandemia dove i rapporti umani sono messi a dura prova.Un libro spiazzante, crudo, sincero, una discesa agli inferi della realtà che è però anche un inno alla vita.L’esordio per i tipi di Fandango di Bazzi racconta la vita di un giovane insegnante di yoga omosessuale, laureato in Filosofia, alle prese con l’Hiv, e cresciuto nella Rozzano (ribattezzata Rozzangeles), sorta di Scampia nordica degli anni Novanta (la profonda provincia alle porte di Milano da cui sono nati i rapper Fedez e Mahmood e il cantante Biagio Antonacci).Domani ,venerdì 28 agosto, alle 18, lo scrittore presenterà il suo romanzo nello spazio esterno della libreria Ubik di Como in piazza San Fedele, per la rassegna “Storie in Piazza”. Dialoga con l’autore Chiara Piscitelli, responsabile della libreria Ubik di Como. Ingresso libero con prenotazione. Info: 031 273554.«La scrittura è per me esperienza quotidiana. Il mio nuovo libro uscirà l’anno prossimo, ho ripreso a scrivere già a fine 2019 dopo l’uscita di Febbre poi lo Strega mi ha un po’ frenato – dice Jonathan Bazzi – Ma prima usciranno altre prove di scrittura, come racconti in antologie e articoli su quotidiani e periodici: su “Vanity Fair” immagino quali saranno le prossime tendenze nella moda. Non sono un purista, non mi piace il “romanzese” della narrativa italiana, paludato e ridondante che per me appartiene al Novecento, mi interessa confrontarmi con formati e canali e progetti diversi».Tra i quali anche la rilettura di un canto dell’Inferno dantesco, di recente. «Sono sfide che mi appassionano – dice Bazzi – Sono nativo digitale e per me è stato un vantaggio, mi sono fatto conoscere dal 2012 sui social, usandoli come piattaforma editoriale. e ho la fortuna di poter scegliere la direzione da intraprendere. Racconto la periferia, come un tempo fece Pasolini, ma rivendico che il mio è uno sguardo sul reale dall’interno: io a Rozzano ci sono nato e vissuto. La letteratura deve tornare a fare i conti con l’esperienza, come mi sento di dire, da filosofo, sulla scorta dell’insegnamento di Edmund Husserl, padre della fenomenologia. E allora la scrittura è più questione di punto di vista, di messa a fuoco, che di personaggi e di trama. E quindi si può fare narrativa in molti modi, anche usando in modo esplicito la propria esperienza».“Febbre” ha successo anche all’estero: Spagna, Albania, Olanda. «Una delle cose più belle del mio libro è che ha creato una comunità, invita all’interazione, racconta storie di disagio in cui ci si può rispecchiare: la scuola, la famiglia a pezzi, l’Aids, la provincia. Ha vinto le resistenze del mondo editoriale verso l’autobiografia. Tanti sui social si aprono grazie a questo romanzo, mi raccontano le loro vite. È un libro che invita a prendere posizione».

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