L’inchiesta – Il presidente provinciale di Confartigianato Legno, Mauro Cazzaniga, focalizza l’attenzione sull’ultima minaccia per i prodotti di qualità
L’artigianato brianzolo inizia a soffrire la concorrenza delle catene organizzate
Salumieri, panettieri, macellai. Sono stati i primi a fare i conti con la grande distribuzione. E così, tutti i commercianti di alimentari.
Poi è toccato alle altre categorie: casalinghi, elettrodomestici, hi-tech. Gli ultimi, in ordine di tempo, sono stati i negozianti di abbigliamento, che lottano adesso contro i giganteschi outlet delle grandi firme.
La battaglia tra supermercati e negozianti ora contagia pure il settore del mobile: da una parte le grandi catene di arredamento, che in provincia di Como si stanno letteralmente moltiplicando, dall’altra i “legnamé” brianzoli che vendono mobili fatti a mano.
Anche l’artigiano, ormai, si trova a “sgomitare” per battere una concorrenza ben più corpulenta del compaesano bottegaio: arrivano le grandi catene, che offrono arredamenti interi a prezzi stracciati, almeno rispetto al mobile su misura.
E, ora, i mobilieri devono fare i conti con questa nuova forma di concorrenza, perché fino a pochi anni fa
nel loro settore la questione tutto sommato non esisteva. «Le grandi esposizioni di mobili economici esistono in Brianza da anni, ma con loro abbiamo sempre convissuto, e senza particolari problemi – spiega Mauro Cazzaniga, presidente provinciale e regionale di Confartigianato Legno – ma ora qualcosa è cambiato. Sono arrivate le grandi catene organizzate, un po’ come accadde in passato negli alimentari. Puntano tutto sul prezzo e cercano di attirare chi vuole spendere poco».
Cazzaniga ammette ovviamente che «senza i supermarket dell’arredamento i mobilieri sarebbero più contenti». Poi, però, spiega come le due realtà possano convivere. «Io non voglio impedire alla gente di comprare, che so, una cucina a 2mila euro. L’importante però è che la gente sappia perché la stessa cucina da un artigiano ne costa 10mila. Il prodotto artigianale è studiato e realizzato per durare una vita».
In parte, secondo il rappresentante di Confartigianato, è cambiato anche lo spirito con il quale una famiglia compra l’arredamento. «Una volta – dice Cazzaniga – era, dopo la casa, l’acquisto durevole per eccellenza: l’arredamento doveva resistere una vita, accompagnare la famiglia in tutto il suo percorso. Oggi invece l’approccio è più immediato, e si guarda solo al prezzo come criterio d’acquisto. Una cosa è certa: non potremo mai scontrarci con la grande distribuzione sul prezzo. Perderemmo. Dobbiamo puntare sulla qualità del prodotto e del servizio offerto», aggiunge.
Secondo Mauro Cazzaniga, il cibo è un esempio calzante. «Posso mangiare due etti di carne nel panino di un fast-food, oppure nel piatto prelibato di un ristorante. In entrambi i casi ho la pancia piena. Ma la qualità del prodotto e il servizio sono forse uguali? Non direi. L’importante è che la gente lo sappia, poi ognuno è ovviamente libero di scegliere».
Certo è che, se i grandi magazzini del mobile si moltiplicano, significa che le famiglie hanno anche meno soldi da investire in un arredamento. «Questo non possiamo negarlo – risponde Cazzaniga – a volte la gente compra nei grandi magazzini perché guarda il prezzo e non conosce la differenza tra un mobile artigianale e uno prodotto in serie, altre volte però ci sono famiglie che proprio non hanno la possibilità di spendere». Così come per il cibo e per il tessile, anche per il legno-arredo Cazzaniga vorrebbe – partendo da Como – proporre un “made in Italy”, una certificazione del mobile italiano. Proprio per esaltare le caratteristiche del prodotto artigianale.
«L’associazione sta lavorando per ideare un “100% made in Italy”, che identifichi completamente la genesi del prodotto, e non solo l’ultima fase di lavorazione come avviene nei tessuti. Sarebbe una forma di garanzia per il cliente».
Andrea Bambace