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La Grande Guerra protagonista a Grandate

Lo speciale sulla Grande Guerra che si può sfogliare sul nostro sito nella sezione “Focus”

Si può ancora visitare fino al 24 maggio, giorno d’inizio della Prima Guerra Mondiale, la mostra storico-fotografica dedicata al conflitto in corso a Grandate nel salone della scuola primaria di via Roma 1. “La Grande Guerra – paese di retrovia 1915-1918” è allestita nel comune alle porte di Como dopo l’esordio a San Giorgio in Bosco, in provincia di Padova. Oltre un centinaio le immagini, per lo più dovute all’estro fotografico di una nobildonna. Si tratta di fotografie improntate alla vita quotidiana dei soldati italiani anche nei momenti di convivialità sofferente. Molte ritraggono reggimenti di alpini, bersaglieri e fanti. Completa la rassegna un raro filmato d’epoca prestato per l’occasione dall’Imperial War Museum di Londra.L’iniziativa è dovuta all’impegno di Renzo Brunoro, cittadino del paese dell’Alto-Padovano, che nel giorno inaugurale, lo scorso 21 aprile, ha ricordato come molte immagini ritraggano giovani soldati spensierati, poi caduti in occasione della prima battaglia.

Il docente comasco Antonio Larocca ha dal canto suo ricordato fatti, persone e drammatici numeri della Grande Guerra nel territorio lariano. Per esempio, la testimonianza, tuttora visibile, della Linea Cadorna; i caduti della città di Como, che furono 650 su meno di 40mila abitanti. Il liceo classico ebbe 29 vittime d’età compresa tra 18 e 22 anni; la Canottieri Lario 25.Il capoluogo si trovava su una linea logistica importante e fu, di fatto, una città ospedale. Tali funzioni assunsero il Collegio Gallio e, naturalmente, il nosocomio, all’epoca ubicato in via Cadorna, nella sede dell’attuale Conservatorio, il Valduce, ma anche ville private, i seminari Maggiore e Minore, gli alberghi. Strenua e generosa fu l’assistenza prestata da medici e infermieri e dalle Crocerossine, il cui Corpo fu fondato a Como nel 1908. Seguì la scuola, nata nel 1911. Larocca ha rievocato la figura di due crocerossine comasche: Maria Andina e Maria Antonietta Clerici, che si distinsero nell’assistenza ai feriti della ritirata di Caporetto di ambo i campi. Furono poi internate dagli austriaci, in spregio alla Convenzione di Ginevra. E anche lì, a Lienz, lavorarono assistendo i prigionieri italiani.La vicinanza di Como con la Svizzera, poi, diede vita al fenomeno dei treni-ospedale, che giungevano da ambo le parti belligeranti nella neutrale Confederazione elvetica, favorendo scambi umanitari alla stazione di Chiasso. Larocca ha spiegato anche che Como, dopo Caporetto, si riempì di profughi. Straordinaria la pagina di quello sforzo d’accoglienza: in città, nelle case, furono assistite 1.700 famiglie. Si crearono nuovi asili, furono richiamati in servizio anziani docenti.Né va tralasciata l’inevitabile trasformazione industriale del capoluogo, dove all’epoca era in funzione il 70-80% dei telai di tutta Italia. Dal Lario si esportava in Austria e in Germania. L’export, quindi, crollò e dai tessuti pregiati si passò alla produzione di quelli che dovevano difendere dal freddo e alle divise militari. Dalla gonne si passò alle tuniche e finì la Belle Époque.La mostra di Grandate, fortemente voluta dal sindaco Monica Luraschi e dal consigliere di minoranza Vasco Peverelli, è visitabile il sabato e la domenica dalle 10 alle 16 e nei giorni feriali su prenotazione (tel. 031.450.001 e 031.452.100

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